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Preghiera

Aggiornamento: 16 gen

Cenacolo poetico



Preghiera

 

Quando sopraggiunge l’ora

e la voce sua

dall’alto mi risuona,

volentieri mi raccolgo

nella cella segreta

del mio cuore;

e chiuse le porte

rimango in attesa

del suo moto.

Poi, repentino,

mentre sciolgo

gli ormeggi

dei miei pensieri,

m’accade di sentirlo venire

nella brezza lieve

del respiro.

Lui viene!

Sovente senza parole.

Sì, tacitamente,

ma viene,

perciò d’ascolto

si fa la mia preghiera.

 

 Luigi Razzano


Iconologia poetica

Lorenzo Bartolini, La fiducia in Dio (1833), Museo Poldi Pezzoli, Milano
Lorenzo Bartolini, La fiducia in Dio (1833), Museo Poldi Pezzoli, Milano

La preghiera è certamente la forma più spontanea e universale della comunicazione con Dio. Ogni credente, indipendentemente dalla fede che professa, prega, magari a modo suo, ma prega. E ciò accade, prevalentemente, nelle situazioni di bisogno, per cui, sovente, la preghiera assume l’aspetto della richiesta o della domanda. In altre parole, a Dio ci si rivolge principalmente per invocare il suo aiuto o per lamentarsi.

Tutt’altro, invece, è la preghiera che emerge da questa poesia. Essa nasce dall’attesa di Dio e più precisamente, dalla speranza di intercettare la sua voce misteriosa nella zona più recondita della propria intimità. Questa attesa non è sporadica, ma costante, specie quando nasce da un amore struggente per Dio. Di conseguenza la preghiera che s’origina da simili circostanze assume il ritmo cadenzato del respiro. Pregare con questo ritmo significa entrare in sintonia col respiro dello Spirito di Dio che cadenza il ritmo della vita divina e quindi della relazione vitale con lui. Da qui il desiderio di praticare questa preghiera nelle diverse ore della giornata, dove però l’ora non è solo quella cronologica del tempo, ma quella kairologica di Dio, ovvero l’ora della sua grazia: “Quando sopraggiunge l’ora / e la voce sua / dall’alto mi risuona, / volentieri mi raccolgo / nella cella segreta / del mio cuore; / e chiuse le porte / rimango in attesa / del suo moto”. È chiaro che quella descritta non è una preghiera improvvisata, estemporanea, mossa dall’impeto momentaneo di una passione mistica, ma una preghiera ordinaria e ordinata, scandita dall’esercizio quotidiano dello Spirito, col quale si entra in relazione, per partecipare della vita stessa di Dio. Una preghiera breve, costante, fatta di parole mnemoniche, e perciò capaci di suscitare un perenne stato di attesa e vigilanza. Una preghiera d’avvento, per essere più poetici.

Il clima di attesa, perciò, che si viene a generare durante questa preghiera, lascia intuire che la relazione con Dio, non è mai scontata e automatica, ma accade solo a determinate condizioni che il poeta esprime in questi termini: “mentre sciolgo / gli ormeggi / dei miei pensieri”. Non basta dunque entrare nella cella del proprio cuore (cf. Mt 6,6) e chiudere tutte quelle forme di comunicazione esterne che possono interferire, rallentare o perfino confondere il “moto” della voce di Dio, ma occorre mollare le redini della propria mente e lasciare che essa venga impregnata dall’amore di Dio. È a queste condizioni che i propri pensieri cedono il passo a quelli di Dio. Quando ciò accade allora si è capaci di “sentirlo / venire nella brezza / lieve del respiro”. Questa forma appena percettibile del suo arrivo sta a indicare che la sua presenza è imprevedibile e si manifesta sempre in modo difforme rispetto alle nostre attese, come nel caso di Elia che attendeva l’azione di Dio nel terremoto, nella tempesta, nel vento impetuoso e invece si manifesta nel mormorio lieve della brezza leggera (cf. 1Re 19,12-13). Egli non si lascia catturare neppure dai profeti. Il che fa capire che Dio appare inafferrabile ai superbi di spirito e impercettibile ai duri di cuore. Egli si sottrae sempre ai nostri schemi, perfino ai criteri che scaturiscono dalla nostra esperienza spirituale, con cui riteniamo di prevedere la sua azione e il suo arrivo. La logica manifestativa di Dio sembra essere tutta concentrata nella parabola del granello di senape (cf. Mc 4,30-32): insignificabile, imprevedibile, insospettabile. Dio per quanto si renda comunicativo, rimane trascendente. Una distanza la sua non sempre facile da decifrare, specie quando è accompagnata dal silenzio. E proprio in queste circostanze la preghiera assume la forma dell’ascolto: “Lui viene! / Sovente senza parole. / Sì, tacitamente, / ma viene, / perciò d’ascolto / si fa la mia preghiera”. L’ascolto è ciò che consente di passare da una preghiera con la quale si cerca di pilotare Dio, riducendolo a un semplice esecutore della nostra volontà, a una preghiera che presta attenzione alla sua Parola. E quando le nostre parole si convertono alla Parola di Dio, allora la preghiera diventa luogo di comunione con Dio e adesione alla sua volontà. 

 

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