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Parole d'avvento

Cenacolo poetico




Parole d’avvento

 

Un vortice di luce impetuosa

profila nell’aria

un messo divino

d’umana sembianza.

 

Non conoscevo il suo volto

e neppure osavo guardare.

Le donne da noi non alzano gli occhi

prima del sì.

 

Ero dritta davanti alla soglia

in quell’ora nona

del giorno,

 

mentre, in-attesa,

mi pronunciava

parole d’avvento.

 

In silenzio, sotto la palma,

me ne stavo indifesa

lasciando sedurmi da lui.

 

Portò la sua mano al mio seno:

era il dito di Dio

che più delle altre

mi voleva sposa divina.

 

Quali parole

per dire quest’originario mistero?

 

Oh, le parole …

se queste mie potessero dirlo

nell’oggi al cuore dell’uomo.

 

 Luigi Razzano

 

Iconologia poetica

 

Parole d’avvento è una poesia tratta dalla raccolta Poëticae Mater[1], che parla dell’incontro dell’Angelo con Maria. Un evento dal sapore misterioso se si considera l’immagine del “vortice impetuoso di luce” con cui viene espresso l’incontro. Sebbene quel “messo divino” le si manifesti col profilo familiare di “umana sembianza”, Maria viene presa da un senso di timore, che la induce ad abbassare, con pudore, lo sguardo, prima di poterlo guardare negli occhi e ascoltare il suo annuncio. Il suo è l’atteggiamento tipicamente religioso di chi, trovandosi davanti al Divino, ne percepisce contemporaneamente il fascino e lo spavento. È in questo clima di ‘tensione spirituale’ che l’Angelo, inaspettatamente, le rivolge “parole d’avvento” (da cui il titolo della poesia), capaci cioè di suscitare in lei la speranza di quell’antica promessa messianica, profetizzata a suo tempo da Isaia: “Perciò il Signore stesso ti darà un segno: ecco la vergine (in ebraico ha-almah = giovane) concepirà e partorirà un figlio e chiamerà Emmanuele” (Is 7,14); e soprattutto l’antico sogno davidico di dare una casa a Dio (2Sam 7,1-5.8-12.14-16), dove abitare definitivamente presso il suo popolo. Anche lei, come il profeta Geremia (Ger 20,7), si lascia “sedurre” da quelle parole di Grazia. Ma ancora più che profetiche in lei le parole accadono realmente nel qui ed ora della sua storia. Presa dal desiderio di raccontare questo suo straordinario accadimento storico, Maria s’accorge di non avere le parole adatte. Perciò rimane attonita. Lei, la Madre del Verbo, Parola di Dio per eccellenza, si scopre priva delle parole umane, per dire quel Verbo che accade in lei. Un autentico paradosso. Esattamente lo stesso paradosso che continua a manifestarsi tutt’ora in chi decide di vivere fino in fondo la tensione tra storia e profezia, trascendenza e immanenza, ineffabilità e dicibilità di Dio.

Riletta nel contesto liturgico dell’Avvento questa poesia ci invita a fare memoria di tutte le volte che, in diversi modi e forme, accogliendo le parole dell’Angelo, sperimentiamo come Maria già nell’oggi della nostra fede la salvezza di Cristo, pur consapevoli che esse rimangono profezie in attesa del loro compimento escatologico. Per questo esse sono e rimangono “parole d’avvento”.  

 

 


[1] Si tratta di una raccolta di poesie dedicata ai nove mesi di gestazione del Figlio di Dio, durante i quali Maria racconta la sua esperienza che va dall’Annuncio dell’Angelo fino alla nascita (Cf. L. Razzano, Poëticae Mater, Guido Miano Editore, Milano 2021, 16).

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