Fruscio di cielo
- don luigi
- 31 lug 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Cenacolo poetico

Fruscio di cielo
Lieve spira la brezza
in questo meriggio d’estate
e come un fruscio di cielo
mi pervade l’anima
di teneri ricordi.
Forse solo un mormorio di betulle,
o di memorie arcane,
che scorrono, senza tempo,
tra le fronde della vita,
ma di certo questo
moto suo d’andare
d’immenso mi sovviene il cuore
e come il fiume al mare
m’avvela lo sguardo
al delta dell’eterno.
Luigi Razzano
Iconologia poetica
Non è difficile immaginare la scena descritta da questa poesia, specie in questi afosi “meriggi d’estate”, dove la calura fa più che mai desiderare di ritrovarsi lungo la riva di uno di quei fiumi costeggiati di betulle che sfociano nel mare – come il Bussentino, luogo ispirativo della poesia – alla cui ombra ci si ristora godendo della brezza pomeridiana, che “lieve spira …. come un fruscio di cielo”. Attraversato da questo leggero venticello – che assume qui anche una connotazione spirituale – il poeta si lascia andare a “teneri ricordi” che suscitano nell’animo gli stessi effetti ristorativi di quello fisico. Questa associazione tra “brezza” fisica, “moti” dello spirito e “teneri ricordi”, potrebbe sembrare un’operazione che accade solo nel segreto dell’animo del poeta, e così deve apparirgli, come emerge dal dubbio che essa suscita in lui: “Forse solo un mormorio di betulle, / o di memorie arcane, che scorrono, senza tempo, tra le fronde della vita”, sta di fatto che la brezza col “moto suo d’andare” suscita nel suo cuore un sentimento “d’immensità” che “sovviene il cuore” stanco e affaticato dalla calura, e nel quale il poeta sembra adagiarsi, per lasciarsi trasportare “come il fiume al mare”. Ne scaturisce un’immagine di enorme trasporto e respiro, come quella che traspare dallo “sguardo” che “s’avvela /al delta dell’eterno”, a dispetto di quelle soffocanti e grevi che emergono dallo spirito afoso della nostra stagione culturale ed esistenziale.
Comentarios