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Apparizioni pasquali

Cenacolo poetico






Apparizioni pasquali

 

Quando l’aurora

volge al declino la notte

e l’alba dirada nel cielo

fugaci bagliori di luce,

stanno le donne,

in attesa, davanti al sepolcro.

Turbate e con lo sguardo

di là della pietra,

silenti, tra loro,

bisbigliano ancora

dolenti parole d’amore.

Un repentino brusio

di mistiche voci,

inatteso, si diffonde nell’aria

come un fruscio di vento leggero;

e quella pietra,

per tutti, sigillo di morte,

trasforma, per esse,

in ventura divina la sorte.

Sbigottite, ora vanno

lodando tra gli astanti l’evento,

ma lei, di rimando,

geme vegliando la tomba

e col cuore fremente d’attesa

ne ode stupita la voce:

“Maria”, il Risorto le dice

ed ella sorpresa,

sprizzando di gioia,

irraggia per prima

del Verbo la gloria.

“È Pasqua!”

Erompe quel grido

che irraggia di luce la Vita.

Poi viene la sera,

quando spiegata,

la Parola si fa

pane spezzato nel mondo:

mistica essenza di Cristo

che, perenne, risorge

nel tempo.

 

 Luigi Razzano

 


Iconologia poetica

 

Apparizioni pasquali è la traduzione in forma poetica di una delle primissime manifestazioni di Cristo Risorto ai suoi discepoli. In questo caso alle donne, che la tradizione ecclesiale ci informa essersi recate al sepolcro di Cristo alle primissime ore del mattino, quando era ancora buio. L’intera composizione del testo evoca una rilettura sinottica dell’Evento Pasquale, nel senso che in esso convergono elementi provenienti dai quattro racconti evangelici, tutti inerenti ai “racconti delle apparizioni”. Ne scaturisce una sorta di Inno sacro, dal sapore introspettivo, per il fatto che indaga quei pensieri e sentimenti che attraversano le donne nel momento in cui rimangono letteralmente basite dinanzi alla scoperta della tomba vuota. Turbate dall’accaduto, si scambiano sguardi accompagnati da muti interrogativi; e mentre “bisbigliano” ancora tra loro gli eventi dolorosi della passione, improvvisamente percepiscono nell’aria il “fruscio” di un “vento leggero”, che sembra far loro comprendere il senso di quell’inattesa scoperta. E “quella pietra, / per tutti, sigillo di morte”, diventa ora il segno della risurrezione di Cristo, trasformando quell’inaudito dolore, provocato dalla sua passione e morte, in una straordinaria “ventura divina” che cambierà per sempre la vita dei suoi discepoli. Ancora “Sbigottite”, le donne vanno velocemente a portare la notizia ai discepoli, arroccati nel Cenacolo per paura dei Giudei. Ma tra di esse Maria, preferisce rimanere al sepolcro, in un atteggiamento di attesa, tipico di chi, fortemente innamorata del suo Signore, non riesce a trovare una ragione che consoli il suo dolore, quando inaspettatamente si sente chiamare per nome: “Maria”. Dal tono di voce riconosce quello del suo Maestro, “ed ella sorpresa, / sprizzando di gioia, / irraggia per prima / del Verbo la gloria”. Tra tutti i discepoli Maria Maddalena diventa così la prima testimone della Risurrezione di Cristo Risorto. Ne consegue un annuncio che “irraggia di luce la Vita”: “È Pasqua!”. Nonostante il tempo trascorso da allora, quel grido “Erompe” ancora nella storia.

“Poi viene la sera”. È il versetto con cui il lettore viene trasportato immediatamente dal “mattino di Pasqua” alla “sera di quello stesso giorno” (Gv 20,19; Lc 24,29) e precisamente nella scena dei discepoli di Emmaus, quando Gesù si rivela nell’atto dello “spezzare il pane”, dopo aver a lungo “spezzato la parola” della Scrittura, “mentre era con loro in cammino”. Quella rinnovata apparizione inaugura una nuova forma d’esistenza di Cristo in mezzo ai suoi discepoli e nel mondo: non più fisicamente, ma “misticamente” sotto le specie eucaristiche, realizzando così quella promessa fatta prima di ascendere al Cielo: “Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del tempo” (Mt 28,20). Pertanto, tutte le volte che la comunità ecclesiale fa memoria di questo evento attraverso la celebrazione eucaristica, attesta la sua risurrezione come un evento che accade “perenne nel tempo”.

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