Veleggiando
- don luigi
- 20 nov 2024
- Tempo di lettura: 3 min
Cenacolo poetico

Veleggiando
Veleggiando va la mente
tra le onde dei pensieri
quando, ghermita dall’ebbrezza,
va come i vascelli
nel mare dell’amore.
Ed io, di onda in onda,
di vela in vela,
planando vado nel cielo,
sedotto dai suoi ricordi.
Ma chi mai può condurmi là
nel seno del silenzio,
dove s’origina
l’arcana voce del divino,
insieme al moto mio dell’anima
che m’abitua al suo respiro.
Oh inestinguibile fuoco dell’amore
che mi ardi di passione
più della brama mia del cuore,
chi può arginare
quest’avventura mia
divina della vita,
semmai qualcuno,
può domare il vento
mistico nel cuore.
E chissà che in questo
veleggiare mio
nell’oggi dei marosi
tu non torni ancora una volta
a soffiare nel cuore dei poeti.
Luigi Razzano
Iconologia poetica

Un viaggio nella fantasia dello spirito che, pur ricco di immaginazione, non è meno concreto e vero di una descrizione realistica. Ci appare così questa lirica con cui il poeta traduce in versi la sua “avventura divina della vita”, che ha nel verbo “veleggiare” la sua espressione più eloquente. Un verbo tratto dal mondo marittimo e declinato nel tempo del gerundio, col quale sottolinea non solo l’azione indefinita, ma introduce anche lo scopo della preposizione subordinata, che però l’autore preferisce lasciare nell’ombra e manifestare solo alla fine del testo: “Veleggiando va la mente / tra le onde dei pensieri / quando, ghermita dall’ebbrezza, / va come i vascelli / nel mare dell’amore”. Si tratta a quanto pare di un’avventura estatica della mente, come sottolinea lo stato d’“ebbrezza” da cui viene “ghermita”, col moto ondoso e vorticoso dei pensieri, ma che coinvolge anche il cuore, come suggerisce invece il “mare dell’amore”, nel quale il poeta si inoltra come un “vascello”, ovvero quel tipo di imbarcazione che, priva di motori, è animata e sospinta solo dal vento dello spirito. La mente tuttavia non è solo l’organo propulsivo dei pensieri, bensì anche la sede della memoria, dalla quale i ricordi fluiscono come sirene che seducono il poeta col fascino nostalgico degli albori, inducendolo a scrutarne le origini ancestrali. Ma pur coinvolto in questa operazione atavica egli si chiede se mai esiste qualcuno che può condurlo “là / nel seno del silenzio, / dove s’origina / l’arcana voce del divino”. Si capisce così che l’iniziale avventura intellettiva si tramuta in un evento dal sapore mistico, dove la misteriosa voce di Dio, percepita “nel seno del silenzio” primordiale, lo attrae ancora più del canto suggestivo e accattivante del pensiero intellettivo, che in quanto principale qualità “dell’anima”, lo abitua comunque ad ascoltare il “respiro” di Dio. Pur distinta e autonoma l’attività della mente costituisce perciò una manifestazione dello spirito. Lontano dalle scissioni elaborate dall’Illuminismo filosofico ed ereditate da quello scientista, mente, spirito e cuore diventano qui un tutt’uno. Tutte partecipano dell’“inestinguibile fuoco dell’amore” divino che provoca una passione così ardente da risultare più attraente perfino delle bramosie umane: “che mi ardi di passione / più della brama mia del cuore”. Da qui la domanda: “chi può arginare / quest’avventura mia / divina della vita, / semmai qualcuno, / può domare il vento / mistico nel cuore”. Ecco allora dischiudersi il senso e lo scopo di questa straordinaria avventura divina, che il poeta sa di compiere consapevolmente “nell’oggi dei marosi”, ovvero nell’attuale contesto culturale, profondamente segnato da un nichilismo esistenziale senza precedenti nella storia, che ha cercato e cerca tutt’ora, di cancellare ogni ricordo di Dio dalla memoria poetica, ovvero da quel luogo umano più sensibile alla trascendenza e in grado di intercettarne i moti; dove è conservato in modo indelebile il ricordo più atavico di Dio e, ironia della sorte, è stato elaborato il pensiero più originario su di lui. L’auspicio è che grazie a questa sua avventura personale Dio ritorni ad essere oggetto d’indagine poetica: “E chissà che in questo / veleggiare mio / … / tu non torni ancora una volta / a soffiare nel cuore dei poeti”.




Commenti