Null’altro che te
- don luigi
- 7 ott
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Aggiornamento: 13 ott
Cenacolo poetico

Null’altro che te
Voglio vivere per te;
nutrirmi di te
morire con te.
Avere nella vita
null’altro che te.
Ecco l’essenza mia
nel mondo:
stare con te
nell’altro da me.
Nulla più di te.
Null’altro che te.
Luigi Razzano
Iconologia poetica

Null’altro che te è una luminosa dichiarazione d’amore, con cui l’autore manifesta, senza riserve, la sua passione per Cristo, sebbene costui non venga mai esplicitato nell’intero componimento poetico, come a dire che l’interlocutore è così palese, chiaro ed evidente da non avere neppure più bisogno di essere nominato. Cristo è la sua perla preziosa (cf. Mt 13,45-46), il suo tesoro nascosto (cf. Mt 13,44), la sua dracma ritrovata (cf. Lc 15,8-9). In altre parole: “l’essenza” della sua esistenza. Egli è la sua vita, la sua anima, il suo respiro, il suo battito, e per il particolare ministero ecclesiale a cui è stato chiamato, Cristo è diventato il suo sangue, il suo corpo, il suo calice colmo di passione … insomma, il suo amore unico, puro, vivo, vero, libero e liberante. Mentre tanti poeti e cantori si prodigano a mostrare il loro amore per l’amata, il Razzano non esita a manifestare il suo per Cristo, attraverso la poesia. Uno strumento di cerniera, questo, capace di unire due aspetti profondamente umani: l’esigenza di condividere la dimensione sacra della sua interiorità e l’espressività comunicativa tipicamente poetica. Ne scaturisce un’insolita operazione culturale che traduce a livello letterario la sua più genuina spiritualità, che dà luogo a un’autentica testimonianza di fede, in un ambito sociale che esula molto spesso da interessi espressamente religiosi.
Una vera e propria lirica d’amore, dunque, quella che il lettore si ritrova a leggere e ad ascoltare direttamente dalla sua voce, in cui echeggia la straordinaria passione per Dio, tipica degli amanti mistici, quando sono afferrati da un impeto estatico: “Tu mi hai sedotto Signore, e io mi sono lasciato sedurre” dice il profeta Geremia 20,7; “Vi scongiuro / abitanti di Gerusalemme, / se trovate il mio amore … / ditegli che io muoio d’amore per lei”, ribadisce il Cantico dei Cantici 5,8. Cristo costituisce per lui la cellula staminale dell’amore, il nucleo pulsante della sua vita, la sorgente radiosa di bellezza che promana dal suo spirito. In lui trova il principio della sua esistenza: “Stare con te / nell’altro da me” – (cf. Mc 3,14) “Ecco il senso” della sua presenza “nel mondo”; ecco il fulcro verso cui converge la sua arte, la sua poesia, il suo ministero e dal quale s’irradia il suo amore per l’uomo e per tutti quegli ambiti umani dove si manifesta la sua vita nel mondo. Quello appena descritto sembra costituire perciò una sorta di sintesi rivisitata, o dirsi meglio, una riformulazione, dell’antico e nuovo comandamento dell’amore per Dio e per il prossimo secondo la prospettiva evangelica (cf. Mc 12,31; Dt 6,5; Lv 19,18). Qui s’origina la sua storia spirituale e qui trova forza e ragione il suo desiderio recondito di lasciarsi trasfigurare dallo “Spirito che fa nuove tutte le cose” (Ap 21,5). È per questo che egli vive; esattamente come attestano i suoi versi: “Voglio vivere per te; / nutrirmi di te / morire con te. / Avere nella vita / null’altro che te”. Come non scorgere in queste esternazioni l’esclusività tipica della relazione d’amore con quel Dio biblico che chiede alla sua amata di essere l’unico e irripetibile, da reclamare con gelosia: “Io sono il tuo Dio e non ce ne sono altri al di fuori di me” (Es 20,3; Dt 5,6).
È interessante notare che a quarant’anni circa dalla sua scelta di vita, compiuta il 4 ottobre 1988, il suo amore per Cristo si rivela ancora intatto e vibrante, anzi più vivo che mai. Anche la data di composizione di questa poesia (4 ottobre 2025), si rivela, perciò, particolarmente significativa. Il “quattro” come il “quaranta” sono numeri che nella simbologia biblica, indicano l’attesa, la preparazione, il compimento di una promessa, e quindi la fase conclusiva di un percorso formativo dell’uomo verso la maturità spirituale, come l’itinerario compiuto dal popolo ebraico nel deserto prima di accedere alla terra promessa. Mosè rimase quaranta giorni e quaranta notti sul monte Sinai prima di ricevere la Legge divina; lo stesso tempo trascorso da Gesù nel deserto prima di dare inizio alla sua predicazione pubblica. Non sappiamo se questa poesia sia foriera di un nuovo inizio nella vita dell’autore. I nostri strumenti di lungimiranza non ci consentono di guardare così avanti. Ciò che possiamo asserire è che essa costituisce, nell’oggi, una straordinaria testimonianza d’amore per Cristo. E trasmettere tutto questo in un ambito come quello letterario è una mediazione più necessaria che mai.
Poiefilo




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