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Anelito

Cenacolo poetico


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Anelito

 

Come un faro nella notte

è la speranza in fondo all’anima,

quando, tempestoso, il cuore

s’agita più del mare

e solitario nella barca –

colma di pensieri franti –

mi ritrovo ad agognare il cielo

più che la costa il porto

dove ancorar la vita

 

 Luigi Razzano


Iconologia poetica


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Una poesia tipica dell’esistenzialismo religioso quella che il poeta offre ai suoi lettori, nella quale riluce più che mai la speranza: facoltà per nulla marginale, anzi essenziale nell’attuale contesto sociale attraversato com’è da evidenti manifestazioni nichiliste e, non ultime, da tensioni bellicose che rendono particolarmente difficile gettare lo sguardo oltre la realtà sociale, specie per chi si ritrova quotidianamente a fare i conti con le amare delusioni della vita, nel vedere i propri sogni costantemente infranti dalle logiche del potere sociale e culturale. In realtà quello che accade esternamente al poeta è solo il riflesso di ciò che avviene nel suo cuore. Questo – come diceva Fëdor Dostoevskij – è il vero campo di battaglia. È qui che si decidono e accadono le lotte più spietate e tempestose.

Uno scenario quello appena delineato che fa da sfondo all’intero componimento poetico e rende comprensibile il senso della metafora descritta dall’autore, con la quale egli si paragona a una barca in mezzo al mare nel cuore della notte, in procinto di affondare a causa dei marosi. E forse mai come in queste circostanze la speranza si rivela “come un faro” che riaccende “in fondo all’anima” la fiducia in un futuro che, malgrado l’evidenza, non dipende solo dalle decisioni dei potenti, ma anche dalla regia misteriosa di un disegno Divino, che sfugge ad ogni analisi razionale e scientifica. Da qui lo sforzo di sollevare il capo e volgere lo sguardo verso il cielo, dove intravede il vero porto al quale “ancorar la vita”.

È interessante notare come la metafora si presti anche a una lettura interpretativa degli attuali conflitti tra Russia e Ucraina e Israele e Palestina, per la quale l’autore – sia pure fisicamente lontano – nutre un sentimento di solidarietà con chi, sul campo di battaglia, si ritrova abbandonato, solo e vittima dei “giochi di potere”, a causa delle miope strategie politiche che vanificano le attese ancora più dei conflitti stessi.

La poesia viene composta a Trani (Ba), dove l’autore ha svolto qualche giorno di vacanza questa estate. Una sera, preso dal desiderio di percorrere a piedi il molo che costeggia il porto, vi s’inoltra sfidando il buio della notte, quando improvvisamente si ritrova da solo illuminato solo dalla luce intermittente e fioca dell’ultimo dei tre fari, posto al limite del molo, praticamente in mezzo al mare, che in quella sera era attraversato dai flutti tempestosi, simili a quelli dei pensieri che affliggevano la sua anima. Deluso dalle vicende sociali e ormai ai margini di ogni centro culturale, il poeta guarda al cielo come al solo luogo che dà senso alla sua esistenza. Per quanto incredibile possa sembrare questa situazione si rivela feconda per la sua creatività poetica, diventando addirittura motivo ispirativo dell’anelito più ancestrale del cuore umano: la speranza. Questa, lungi dall’essere considerata “oppio dei poveri”, costituisce la facoltà più intuitiva dell’intelligenza umana, capace com’è di resistere alle delusioni più cocenti e di gettare lo sguardo oltre la contingenza della vita terrena. Sperare in una forma di vita oltre la morte o disperare nel nichilismo immanente della vita presente è questa l’incognita più drammatica della condizione esistenziale dell’uomo, di ogni uomo, indipendentemente dall’epoca o area geografica in cui vive e dalla conoscenza scientifica, religiosa, teologica o condotta morale di cui dispone. Nessuna dimostrazione razionale è in grado di provare l’uno o l’altro esito della vita. Ci sono prove che valgono tanto per l’uno quanto per l’altro termine. Che fare dunque? Sperare o rimanere sospesi tra questi estremi esistenziale della vita? Molti oggi preferiscono rimanere al di sopra delle parti, in attesa di qualche indizio o prova orientativa, ma nulla di tutto ciò avverrà mai, poiché per i diffidenti e sospettosi ogni prova sarà sempre confutata da un’altra contraria. Il poeta, malgrado le delusioni che prova nel suo cuore – colmo “di pensieri franti” – e quelle che provengono dall’attuale panorama culturale, ha il coraggio di lasciarsi illuminare l’anima dalla flebile luce che proviene dalla costa del cielo. Ed è questa origine divina che riaccende il faro della “speranza in fondo alla sua anima”.

 

 

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