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Se l’amore fosse

Cenacolo poetico






Se l’amore fosse


Se l’amore fosse aria,

lo vorrei respirare;

se l’amore fosse terra,

mi lascerei impastare;

se l’amore fosse acqua,

mi lascerei impregnare;

se l’amore fosse fuoco

mi lascerei bruciare;

se l’amore fosse luce

mi lascerei trasfigurare;

se l’amore fosse cielo

mi lascerei colmare;

 se l’amore fosse vento

lo vorrei planare;

Se l’amore fosse un sentiero,

lo vorrei percorrere;

se l’amore fosse una soglia

lo vorrei varcare;

se l’amore fosse una montagna

lo vorrei scalare;

se l’amore fosse un fiume

lo vorrei risalire;

se l’amore fosse un mare

lo vorrei navigare;

se l’amore fosse un astro

lo vorrei orbitare;

se l’amore fosse un abisso

vi vorrei naufragare;

Se l’amore fosse sangue

lo vorrei pulsare;

se l’amore fosse soffio

lo vorrei alitare;

se l’amore fosse dolore

lo vorrei soffrire;

se l’amore fosse gioia

lo vorrei lodare;

se l’amore fosse follia

            ne vorrei impazzire;

se l’amore fosse gaudio

lo vorrei godere;        

se l’amore fosse divino

            mi lascerei sedurre;

Se l’amore fosse …

oh, se l’amore fosse …;

ma l’amore è questo

e ancora di più,

ché l’amore sei tu,

quando fai nuove

tutte le cose di prima.

 

 Luigi Razzano

 


Iconologia poetica

 

Un Inno all’Amore potrebbe essere considerata questa poesia, dove le metafore che ne declinano la varietà espressiva, vengono tutte coniugate secondo il tempo verbale del congiuntivo: “se fosse”, come a voler evocare la loro dipendenza dall’amore. Lo scopo del congiuntivo, infatti, in questo caso, è quello di far cogliere l’amore come l’essenza che vivifica tutte le cose. Ogni immagine, come ogni elemento della vita, della natura, dello spirito dipende dall’amore. L’amore è perciò la forza, l’energia, l’anima che impregna, custodisce e coordina armonicamente, in modo silente e discreto, tutto l’universo. Anche le tensioni più estreme ne sono attraversate. Senza l’amore neppure il caos avrebbe motivo di essere. L’amore è perciò il principio del cosmos, che fa di ogni cosa un frammento della straordinaria opera di Dio che è il creato. Esso contiene in sé l’unità e la molteplicità della realtà e come il logos, è ciò che dà senso a tutto quel complesso spaziale che contiene la materia nella sua pluri-formità, comunemente definito uni-verso – o pluri-versi, come certuni ritengono – ovvero come quel “verso” che trova nell’Unità del suo Principio e del suo Fine la sua origine e il suo scopo.

L’intera poesia presenta una struttura tripartita: ciascuna caratterizzata da sette elementi che evidenziano la molteplice dimensione dell’amore: naturale, spirituale e divina. ogni sezione si conclude con tre puntini sospensivi, che suggeriscono l’idea dell’attesa dell’ottavo elemento, quello della vita gloriosa. Di particolare originalità è la prima parte, dove ai quattro elementi fondamentali della natura: aria, terra, acqua e fuoco – tipici della filosofia greca – ne vengono aggiunti altri tre: vento, cielo e luce che ne evidenziano il dinamismo, la trascendenza, la divinità. Ne scaturisce un andamento ritmico cadenzato da una sonorità regolare che evoca quella di alcuni Carmi ebraici, in particolare quello di Daniele 3,51-90: “Benedite, opere tutte del Signore, il Signore, / lodatelo ed esaltatelo nei secoli”, e del Salmo 136/135: “Lodate il Signore perché è buono: / Eterna è la tua misericordia”. Tutte le metafore dell’amore convergono verso Dio, di cui viene taciuto il nome, come a voler sottolineare che per lui non esiste una metafora che ne evochi l’ineffabile presenza. Egli è il Principio che “fa nuove tutte le cose di prima”. In lui ogni metafora diventa evocativa di un’Oltre, senza di lui l’immagine si riduce a un espediente narrativo, privo di trascendenza divina. 

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