Nostalgie divine
- don luigi
- 20 mar 2024
- Tempo di lettura: 2 min
Cenacolo poetico

Nostalgie divine
Leggera,
come un adagio notturno,
spira, questa sera,
la brezza tra le fronde.
Poche note
echeggiano nell’aria,
bisbigliando echi
di arcana memoria.
Di pari, dal cuore,
come il gorgoglio
di un rio sottile,
affiorano mistiche
nostalgie divine.
Luigi Razzano
Iconologia poetica
Una poesia dal tono gradevole, come la “brezza” marina che pervade la sua scena. Poche pennellate: “leggere” come le “note” d’un “adagio notturno”, accompagnate dal gorgoglio “di un rio sottile”, bastano a tratteggiare il clima di una sera d’estate, dall’aria particolarmente carica di elementi suggestivi ed evocativi, come la “sera”, la “brezza”, il “rio”, i “ricordi”: quattro elementi evocativi dal significato fortemente simbolico: la sera, allude alla maturità della vita e al tempo delle riflessioni esistenziali, con le quali il poeta spera di dare un senso alle proprie vicende personali; la brezza, al soffio lieve del respiro umano; il rio, allo sgorgare perpetuo della vita, ma anche allo scorrere ineluttabile del tempo, scandito dal movimento breve e cadenzato dei secondi; i ricordi all’attività della memoria, grazie alla quale è possibile risalire alle radici ataviche delle proprie origini. Stimolato da queste immagini il poeta si ritrova attraversato improvvisamente da una serie di richiami, che affiorano in lui come “echi d’arcana memoria”, una sorta di moti spirituali che “evocano nel cuore / mistiche nostalgie divine”.
Si dice che la bravura di uno scrittore stia nel ricostruire scene capaci di coinvolgere personalmente il lettore nella trama delle sue storie, lasciandolo però libero di muoversi in esse con la sua immaginazione. Per il poeta questa bravura consiste nel sapere creare metafore, specie quelle suscettibili di diverse interpretazioni; e ciò si verifica quando il poeta è in grado di sollecitare la fantasia del lettore, inducendolo a scoprire le origini delle sue metafore. Non è facile ripercorrere a ritroso un simile cammino, perché si tratta di immagini spesso relegate in quell’ancestrale stratificazione culturale della memoria collettiva, dove se ne smarriscono le tracce. Per giungere alle quali non basta fare memoria delle proprie origini genealogiche o della tradizione spirituale della propria letteratura; e neppure sviluppare un’indagine storico-archeologica sul passato, per risalire alle origini del linguaggio umano, ammesso che ciò sia possibile; occorre invece lasciarsi accompagnare dallo Spirito, per ripercorrere a ritroso il cammino mistico della parola, le cui origini, stando all’intuizione giovannea, coincidono col Principio Divino del Verbo: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio” (Gv 1,1). Nel Verbo le radici esistenziale del poeta e quelle mistiche della sua poesia, coincidono nella stessa persona del Cristo, che è al contempo Parola di Dio e Immagine dell’Uomo-Poeta. È qui che le sue metafore trovano la loro origine, la loro ispirazione e il loro significato più autentico e pieno, suscitando nel lettore “mistiche nostalgie divine”.
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