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Lungo il viale

Cenacolo poetico

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Lungo il viale

 

Slanciati s’alzano

su per la collina

i fusti degli alberi castani,

che allo sguardo

lo spirito s’eleva

verso il cielo;

mentre lungo il viale

trafitto dalla luce,

lieve, la brezza

soffia tra le fronde

come i passi miei

al fruscio delle foglie grinze,

che del suono l’anima si bea,

finché, spiegata,

si posa nel silenzio

dei mie pensieri.

 

 Luigi Razzano


Iconologia poetica


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Lungo il viale è la seconda delle liriche scritte durante la mattinata di ritiro spirituale, a cui si faceva riferimento nella poesia precedente: Sguardo d’eterno. Si tratta di due liriche che interagiscono tra di loro. Entrambe fanno riferimento allo stesso momento kairologico, del quale, però, l’una pone l’attenzione sulla percezione divina, l’altra – la presente – fa posto al sentimento di distensione dell’anima che scaturisce dall’azione dello Spirito. Da qui l’utilità di leggerle insieme: l’una alla luce dell’altra, per cogliere appieno ciò che accade nell’animo del poeta.

Anche in questa lirica l’autore va dritto all’essenza. Senza perdersi in preamboli narrativi, introduce immediatamente il lettore nello stato contemplativo della sua anima. E lo fa in modo inconsueto: gustando e descrivendo quelle sensazioni di ben-essere psico-fisico che si provano durante una semplice passeggiata lungo i viali alberati. Il luogo, infatti, non è più il terrazzo del Santuario[1] che affaccia sulla Valle di Suessola, come nella precedente poesia, ma il viale che lo precede. Avvolto dalla penombra dei “fusti” d’alberi “castani” e “trafitto” dai raggi di luce che di tanto in tanto penetrano tra le fronde, partecipa dello stesso dinamismo dello spirito che si manifesta in lui attraverso un gioco di velamento e svelamento. Anche gli altri elementi come: la brezza che spira tra le fronde; il suono rilassante che promana dai passi tra le foglie che cospargono il viale, il silenzio che pervade la natura e la solitudine del luogo contribuiscono, a loro modo, a ricreare in lui le condizioni per un’autentica immersione nella vita divina. Il moto della natura, dello spirito e della narrazione poetica sembrano diventare un tutt’uno. Il rapporto che egli intesse con la natura e con lo spirito, infatti, appare evidente anche a livello letterario, e precisamente tra gli aggettivi che egli usa per descrivere lo stato delle foglie secche e quello arido della sua anima: le une ringrinzite per la loro caducità, l’altro ripiegato su se stesso, per lo smarrimento che si prova nei momenti di scoraggiamento spirituale. Si intuisce perciò immediatamente il carattere simbolico del viale e dell’itinerario ch’egli compie. Il suo, infatti, non è appena il cammino di un viandante, ma quello di un pellegrino in cerca d’Assoluto, esattamente come accade di notare nella lirica precedente, con la quale questa poesia interagisce sin dai primi versetti: “Slanciati s’alzano / su per la collina / i fusti degli alberi castani / che allo sguardo / lo spirito s’eleva / verso il cielo”. Passeggiando gli accade di seguire con lo sguardo gli alberi che si elevano verso l’alto, stimolando, in questo modo, lo spirito a compiere lo stesso movimento verso il cielo, là dove si staglia il “profilo mistico dell’Eterno” (cf. Sguardo d’eterno).

È chiaro che egli trae anche dalla natura l’energia necessaria per ritrovarsi. Tutto, infatti, sembra favorire il moto dello spirito che lo induce all’incontro con Dio: il suono della brezza, i profumi della terra, il dinamismo dei passi, l’ascolto del silenzio, la solitudine del luogo. Ogni cosa, a suo modo, contribuisce a distendere le contrazioni che attanagliano il suo spirito, “finché” la sua anima, totalmente “spiegata / si posa nel silenzio / dei suoi pensieri”. Un nuovo stato si fa spazio nel suo animo, che lo predispone ora a una rinnovata comunione con Dio.



[1] Si tratta dello stesso Santuario di San Michele a Palombara descritto nella precedente poesia.

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