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Donne

Cenacolo poetico



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Donne


 

Donne

come foglie d’autunno,

imbrunite,

mutano d’aspetto.

Adagiate nel vento

vanno come

sospinte dal tempo.

Cadono

e d’amore

nutrono la terra.

 

 Luigi Razzano

 


Iconologia poetica

 

Donne è la poesia dedicate a tutte le donne nel giorno della loro festa: l’8 marzo. Una dedicazione inconsueta, se non addirittura in controtendenza, se consideriamo le sue immagini evocative. Non appare infatti la tradizionale mimosa, simbolo della ‘primavera femminista’, che nel corso della recente storia si è imposta all’attenzione sociale, a testimonianza di una rivendicazione identitaria che, oggi, malgrado tutto, fatica ancora ad essere riconosciuta da una cultura prevalentemente maschilista. E tuttavia quel movimento femminista, originariamente caratterizzato da giovani donne, sembra attraversato da una pausa di riflessione, tipica di chi, raggiunta la maturità, fa memoria del passato per risignificare il futuro. Nuove istanze, oggi, animano le donne. E nuove idee spesso comportano anche nuove prospettive e nuovi modi d’essere.

È in questa cornice di rinnovata maturità che si inserisce la presente poesia, nella quale le donne vengono paragonate alle “foglie d’autunno”, che lungi dall’essere considerate decadenti, sembrano invece declinare la loro verdeggiante luminosità a favore di nuove sfumature cromatiche rosso-brunastre, evocative di quelle forme d’amore dalle calde tonalità. Giunte a questa fase della loro esistenza ne colgono l’essenza e comprendono che essa non sta nell’identificarsi con l’uomo, né nell’imitare la sua mascolinità, tanto meno nell’occupare i suoi ruoli sociali, ma nell’esprimere appieno la loro femminilità, che non ha bisogno di essere dimostrata, ostentata o imposta, come purtroppo è accaduto e ancora accade tutt’ora. La femminilità è ciò che fa una donna pienamente se stesse. È l’essenza della loro diversità. E questa è delicata, leggera, fragile e indorata come le “foglie d’autunno”, che “imbrunite / mutano d’aspetto”.

Ma la diversità, oggi, fatica ad essere riconosciuta, specie là dove viene messa in discussione, negata, minacciata e addirittura oltraggiata. E ciò vale non solo per le donne, ma per tutti coloro che si sforzano di essere pienamente se stessi. Si rivela, perciò interessante la straordinaria intuizione biblica quando, nel libro della Genesi, viene affermato che Dio, nel creare l’umanità (Adham = Adamo), la creò “maschio e femmina” (cf. Gen 1,27). La differenza di genere, dunque, non è un fatto culturale, ma è inscritta nel DNA dell’umanità. È nell’essere maschio e femmina che ciascuno di noi diventa pienamente se stesso. Ma questa diversità identitaria, oggi più che mai, necessita di essere difesa contro quelle mode culturali e teorie gender che la rendono vulnerabile, fragile come le “foglie d’autunno”.  Il riconoscimento della femminilità diventa allora metafora di un grido ancora più urgente e serio: quello dell’Umanità. Ed è significativo che tutto ciò avvenga in un contesto storico in cui un’altra minaccia incombe su tutti: quella ambientale, dove ad essere oltraggiata è addirittura la Madre Terra. La Donna, l’Umanità e la Madre Terra tre sostativi accomunati dalla stessa identità di genere: la femminilità. Tra esse sussiste una reciproca compenetrazione, che grazie alla loro materna fecondità, garantiscono la continuità del creato nel tempo.

In questa prospettiva epocale solo quelle donne che sapranno farsi interprete di queste istanze più profonde, saranno in grado di servire la loro causa. Perciò “Adagiate nel vento” della vita solo coloro che si lasceranno “sospingere dal tempo”, ovvero modellare e plasmare dalle vicende della storia, “cadendo”, si trasformeranno in quella sostanza organica, detta humus, destinata a “nutrire d’amore la terra”.

 

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