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Dedicata

Cenacolo poetico

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Dedicata

 

Terso

come un cielo di primavera;

puro

come un diamante regale;

trasparente

come un cristallo di Boemia

è al mattino

il mio volto,

quando di luce

l’amore tuo

colora il mio cuore,

e traboccante di gioia

l’anima, in estasi,

si posa

in un mistico sguardo

che m’abbaglia

di splendore.

 

 

 Luigi Razzano


Iconologia poetica

Gian Lorenzo Bernini, L’Estasi di santa Teresa d’Avila (1647 e il 1652), part., Cappella Cornaro, Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma.
Gian Lorenzo Bernini, L’Estasi di santa Teresa d’Avila (1647 e il 1652), part., Cappella Cornaro, Chiesa di Santa Maria della Vittoria, Roma.

Una chiara manifestazione d’amore quella che il poeta esprime in questa lirica, nella quale, l’identità del destinatario non viene rivelata, il che consente al lettore di conferirle il volto della propria amata e di dedicarvela. Da qui il senso del titolo: Dedicata. Dedicata a chi, come un eterno innamorato, si scopre al mattino, pervaso dall’amore dell’amata, il cui amore penetra e s’irraggia dal suo volto come la luce adamantina di un sole primaverile. “Terso”, “puro”, “trasparente”, tre aggettivi corredati di altrettante metafore: “cielo”, “diamante”, “cristallo, che enfatizzano il significato di questa straordinaria eppure accessibile esperienza d’amore, rendendola luogo manifestativo di una comunione d’amore immensamente più grande, tipicamente divina, dove “l’anima, in estasi, / si posa / in un mistico sguardo / che … abbaglia / di splendore”.

Collocata in un contesto culturale dove l’amore viene per lo più ridotto a quello fisico, considerato come un oggetto di possesso da consumare nel breve tempo di una biologica attrazione fatale, questa esperienza d’amore tratteggiata dall’autore, potrebbe apparire fuori luogo o addirittura anacronistica, e invece, il poeta ha il coraggio di proporla come un’ideale capace di trascendere perfino la più istintiva materialità.

Per utopico che possa sembrare quest’ideale si rivela nell’oggi più necessario che mai, se s’intende dare una svolta all’attuale situazione relazionale, dove l’alterità dell’altro sembra essere diventata non solo un motivo di fobia, ma persino ragione del suo rifiuto. Eppure l’alterità è un elemento costitutivo della propria identità. Ma questa rinnovata comprensione necessita di essere integrata nella propria mentalità, il che richiede una vera e propria conversione che sfoci in quell’atteggiamento che viene evangelicamente qualificato in termini di “amore del prossimo” (Mc 12,31), per il quale non è più sufficiente la semplice considerazione della sua presenza, ma richiede persino la disponibilità a consegnare se stesso e la propria vita all’altro (cf. Gv 15,13). È a queste condizioni che l’amore in tutte la sue forme, compreso quello coniugale, può essere trasfigurato fino a divenire luogo di comunione mistica, dove le alterità trascendendo le rispettive individualità, diventano una sola cosa (cf. Mc 10,7; Gen 2,24). È tipico di qualsiasi relazione d’amore essere al contempo centripeto e centrifugo, attraente e respingente e tali rimangono queste forze polarizzanti finché tra i due non scatta l’armonia, intesa come ciò che consente agli opposti di plasmare l’unità. L’unità, o se si preferisce la comunione d’amore, lungi dall’uniformità è, perciò, l’armonia degli opposti.

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