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Dio

Cenacolo poetico



Dio

 

Laggiù

in quello spazio

siderale ch’è il cielo,

profondo come

l’abisso del silenzio,

sta’,

serbato nel mistero,

l’origine del cosmo,

lo stesso che dal cuore

nell’amore fa nuove

tutte le cose.

 

 

 Luigi Razzano


Iconologia poetica


Un tema ardito quello che il poeta propone in questa lirica, non perché egli abbia difficoltà a parlare di Dio, anzi; e neppure perché invita coraggiosamente a prenderlo nuovamente in considerazione chi, nell’attuale contesto culturale, fa del nichilismo o del relativismo le coordinate principali della propria visione del mondo; quanto perché si cimenta con l’ineffabile trascendenza del suo mistero. Essa andrebbe rispettata, come nell’originaria esperienza ebraica di Dio, il cui nome viene taciuto e sostituito con l’impronunciabile tetagramma YHWH. E non è un caso che silente rimane il nome divino in questa poesia, finché la sua trascendenza non viene qualificata nell’ineffabile realtà dell’“amore”, che ne esplicita il senso, il nome e l’identità relazionale, come accade di constatare nella seconda parte della poesia, dove l’amore viene colto come il Principio creativo che dà origine al cosmo, e ne costituisce, al contempo, anche la legge che “fa nuove / tutte le cose”, quella, cioè, che consente loro di rinnovarsi dall’interno. Come non cogliere in questa trascendenza cosmica quella propria di Dio. Una fondamentale intuizione, dunque, quella che il poeta esprime in questa poesia, e che lui stesso comunica di aver avuto durante una notte primaverile, mentre, osservando l’immensità del cielo trapuntato di stelle, si ritrova a gettare, con la sua immaginazione, uno sguardo nello spazio profondo, fino a pervenire alla originaria particella elementare del cosmo. 

Grazie a questo suo accento trascendente, alla poesia va riconosciuto il merito di riaprire gli antichi e nuovi interrogativi: chi è Dio? È possibile definirne l’identità, la natura? Che rapporto ha con l’uomo, col mondo, col cosmo, con la vita. La tradizione teologica e filosofica occidentale, forte anche della rivelazione biblico-cristiana, si è cimentata molto spesso con questi interrogativi, sforzandosi di darne un’interpretazione positiva. Ciò tuttavia non ha impedito a quegli autori proveniente dalla speculazione mistica di evidenziarne anche l’aspetto negativo, ovvero il lato oscuro e inconoscibile. Infatti “Dio nessuno lo ha mai visto” (Gv 1,18) e come tale egli sfugge alla nostra conoscenza razionale. Non a caso l’autore preferisce lasciare aperta questa dimensione divina della sua identità, limitandosi a parlarne in termini di “origine del cosmo”, così da gettare un ponte anche con chi presuppone la sua ipotesi solo a livello scientifico. Prima ancora di una qualifica identitaria Dio è l’espressione dell’intuizione ancestrale che ogni popolo, al di là dell’esperienza religiosa con cui ne traduce la relazione cultuale, pone all’origine dell’Universo. Egli è il “principio cosmico”. Si rivela perciò estremamente suggestiva o e stimolate per la ragione speculativa, la definizione che ne dà in termini di “amore”, la stessa alla quale perviene Giovanni, quando nel definire la relazione che intercorre tra Cristo e il Padre, dice che “Dio è amore” (1Gv 4,8.16). L’amore è quindi la dimensione primordiale che qualifica sia la vita dell’Universo, che quella intima di Dio. Nell’uno e nell’altro ambito esso sottolinea la dimensione relazionale che intercorre tra gli elementi costitutivi dell’Universo e quella che sussiste tra le persone della Trinità. Tutto è relazione. In essa “viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,28). Nulla esite al di fuori di questa relazione originaria e creativa. Esso costituisce il principio armonico tra le tensioni polarizzanti che sono insite nel creato, consentendo alla materia primordiale e informe di passare dal caos originario al cosmos attuale. Un principio questo in perenne attualità, poiché attesta la perpetua attività dello Spirito che “fa nuove tutte le cose” (Ap 21,5).

È con questo dato che, oggi, occorre più che mai confrontarsi, se s’intende gettare uno sguardo nell’imperscrutabile abisso del mistero originario del cosmo, e cogliere la ragione originaria che lo fa sussistere nel tempo. L’amore è l’unico principio che accomuna tutte le forme d’esistenza: cosmica, biologica, zoologica, umana e divina e le unifica in quell’unico mistero che siamo soliti chiamare Dio.

 

 

 

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