Ispirazione poetica
- don luigi
- 23 ott 2024
- Tempo di lettura: 4 min
Cenacolo poetico

Ispirazione poetica
Sovente mi raggiunge
nel silenzio della notte,
quando, repentina,
mi desta dal sonno
coll’impeto struggente
dell’estro creativo.
E non di rado
irrompe pure
col moto lieve dell’amore
mentre, con soave ardore,
mi sussurra parole
di lirica bellezza.
E tanto tenace è
l’incalzare suo nel tempo
che resistere non posso
al fascino vibrante
del canto seducente.
Che dire, poi,
della sua origine divina,
semmai qualcuno con certezza
sa dirmi il suo principio,
tanto sfuggente
e mescolato al mio,
m’appare il moto suo nel cuore.
Ma di quest’istanza, forse,
solo i vetero profeti,
ardirono di più.
Ché di fatto quando accade
si dà, sovente,
come una sinergia discreta
di spiriti creativi,
dove ciascuno si compenetra nell’altro,
da far di esso il suo principio.
Non di meno, poi, è
il moto mistico del Verbo
che feconda di luce le parole,
ch’esse, gravide di senso,
zampillano d’istinto
come primule d’amore.
E s’avvera sì inattesa
la sua opera nei vati,
non senza sforzo metrico
e maestria di forma,
ma tanto fulgida
s’irraggia la sua luce sulle cose
che nessun poeta
può dirsi tale
se d’essa priva
la sua parola.
Luigi Razzano
Iconologia poetica

L’ispirazione poetica – e più in generale artistica – è da sempre oggetto d’interesse letterario, oltre che scientifico. Scrutare la sua natura, conoscere le sue caratteristiche, i suoi elementi costitutivi, le condizioni e il luogo dove s’origina affascina artisti e critici di diverse prospettive culturali, nonché quanti, in diversi modi, studiano la facoltà creativa della mente. Ciascuno, a suo modo, cerca non solo di analizzarla, ma anche di lasciarsi illuminare dalla sua scintilla, come sembra accada in questa lirica. Al poeta, infatti, non basta parlare dell’ispirazione, ma arde farlo in modo ispirato, con una poesia capace di coinvolgere il lettore nella stessa indagine cognitiva del poeta. Un’impresa ardua che ha richiesto una notevole dose di umiltà, tipica di chi decide di farsi strumento operativo della sua manifestazione. La sua stesura ha comportato infatti una continua revisione della forma estetica e ricerca lessicale, nonché una sgrossatura e limatura dei termini, prima di giungere all’attuale struttura metrica.
Predisposto da una simile premessa, il lettore viene come introdotto nella cella segreta del poeta, per assistere al modo con cui accade la sua ispirazione, la cui azione però – per il carattere spirituale che la connota – rimane comunque misteriosa. L’ispirazione, infatti, malgrado gli studi, è e rimane un mistero, non solo ai critici, ma paradossalmente, anche agli stessi poeti e artisti, seppure sono da annoverare tra i principali destinatari di questo straordinario dono. Anche a loro, infatti, sfugge la ragione per cui essa raggiunga alcuni più degli altri. Nessuno dunque può prevedere la sua azione, né provocarne l’accadimento, tanto meno immaginare i modi manifestativi. Nello specifico, il poeta dice che essa “sovente” lo: “raggiunge / nel silenzio della notte, / quando, repentina, / mi desta dal sonno / coll’impeto struggente / dell’estro creativo”. A questo carattere impetuoso si associa quello delicato dell’amore, senza tuttavia perdere il moto turbinoso e seducente: “Non di rado / irrompe pure / col moto lieve dell’amore” … “e tanto tenace è l’incalzare /suo nel tempo / che resistere non posso / al fascino vibrante / del canto seducente”.
“Che dire, poi, / della sua origine divina”? È forse questa la questione sulla quale il poeta intende far luce più delle altre. E lo fa con discrezione, lasciando al lettore la decisione di pronunciarsi sul carattere ispirato della sua poesia, “semmai qualcuno con certezza / sa dirmi il suo principio, / tanto sfuggente / e mescolato al mio, / m’appare il moto suo nel cuore”. Nel momento in cui essa accade, infatti, è difficile stabilire “con certezza”, se essa viene da lontano o da vicino, se, cioè, sia un fenomeno divino o umano, spirituale o intellettivo. Ma su “quest’istanza, forse, / solo i vetero profeti, / ardirono di più”. Pertanto l’indagine sul principio, sulla natura, sulle condizioni che ne determinano l’accadimento fenomenico sembra destinata a rimanere aperta.
È interessante notare su questo aspetto un’affinità con lo stesso Gesù, il quale, nel Vangelo di Giovanni, parlando dell’azione dello Spirito, la paragona al vento, del quale se ne ode il suono, se ne percepisce l’ebbrezza, ma non sai da dove viene e dove va (cf. Gv 3,8). Lungi comunque dallo stabilirne una chiara distinzione umana o divina, al poeta piace definire l’ispirazione come una “sinergia discreta / di spiriti creativi / dove ciascuno si compenetra nell’altro / da far di esso il suo principio”. È tipico dello Spirito divino agire nascondendosi, tanto da far credere allo spirito umano di essere il principale protagonista dell’ispirazione. Ma proprio in questa discrezione il poeta riconosce la sovranità divina dell’ispirazione.
Comunque sia la considerazione culturale l’autore di questa lirica è convinto che l’ispirazione determina la qualità della poesia. Essa dice ‘un di più’ tra quei poeti che denotano la stessa tecnica “metrica e maestria di forma”. Ne scaturisce un fenomeno luminoso che pervade il cuore di chi ne viene investito, di una straordinaria luce introspettiva, che consente di vedere in modo nuovo “le cose” di prima, dando origine a nuove visioni che aprono nuovi orizzonti esistenziali. Si tratta di una luce che – a giudizio del poeta – scaturisce dal Verbo di Dio: “che feconda di luce le parole, / ch’esse, gravide di senso, / zampillano d’istinto / come primule d’amore”. Si tratta di una luce dalla quale promana un fascino estetico irresistibile “e tanto fulgida s’irraggia … sulle cose, / che nessun poeta / può dirsi veramente tale / se d’essa priva / la sua parola”.




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