8 Gennaio 2023 - Anno A - Battesimo del Signore
- don luigi
- 8 gen 2023
- Tempo di lettura: 5 min
Is 42,1-4.6-7; Sal 28; At 10,34-38; Mt 3,13-17
Il Battesimo: inizio della vita nuova in Cristo

Come abbiamo già avuto modo di osservare durante la celebrazione dell’Epifania, il Battesimo di Cristo, insieme all’episodio delle Nozze di Cana, viene considerato dalla Chiesa come un ulteriore sviluppo del mistero incarnativo di Cristo, inserito com’è nel quadro del piano rivelativo di Dio. In questo senso esso costituisce un evento spartiacque sia per Cristo, sia per noi. Per Cristo perché segna la fine della sua vita privata e l’inizio della sua vita pubblica; per noi perché pone fine alla mentalità di quello che Paolo definisce come l’“uomo vecchio” (Rm 6,6), è dà origine alla nostra vita nuova in Cristo (cf. 1Cor 5,7). Il che significa che per mezzo del battesimo anche noi veniamo resi partecipi della stessa eredità filiale di Cristo (cf. Rm 8,16; Ef 3,6). Pertanto la sua collocazione all’inizio del Tempo Ordinario diventa un invito a tradurlo in un cammino di conversione, ovvero in una personale adesione e progressiva conformazione della nostra vita allo stile di vita evangelico di Cristo.
I brani biblici che la Liturgia ci offre per la circostanza costituiscono perciò un’occasione per cogliere il significato del Battesimo e soprattutto ciò che esso comporta nella nostra vita. Ci accosteremo ad essi tenendo sullo sfondo l’episodio dei Magi, i quali sono giunti a Cristo al termine di un lungo cammino di ricerca. Noi cercheremo di partire da questo incontro personale con lui, al quale essi ci hanno condotto, per capire come divenire suoi discepoli attraverso la sua vita battesimale. Se i Magi hanno saputo riconoscere la verità nella fragile persona del bambino Gesù, noi vorremmo penetrare il mistero della sua identità divina, ponendoci alla sua sequela, con la stessa umiltà e povertà di spirito con cui lui si è posto tra i peccatori che attendevano di essere battezzati da Giovanni. Un’eredità preziosa quella che i Magi ci consegnano, che diventa particolarmente significativa nel relativismo culturale contemporaneo, perché ci fa assistere ad una straordinaria testimonianza di fede, dove la ricerca scientifica sfocia e si sposa con la conoscenza teologica.
Ma come si fa a capire che Gesù è Dio? Una domanda questa che avremmo voluto porre direttamente ai Magi, per farci spiegare da loro come hanno fatto a riconoscere in Gesù il Messia? In che modo hanno interpretato i segni della sua presenza? E in base a quali criteri hanno saputo coniugare il sapere proveniente dalla loro esperienza umana, con la Sapienza proveniente dalla Scritture? Sono le stesse domande che non avremmo esitato a porre al Battista, perché anche lui come i Magi ha faticato a riconoscere il Messia (cf. Mt 11,3) tra la folla che andava a farsi battezzare da lui. Rileggendo, allora, i brani evangelici dell’Adorazione dei Magi e del Battesimo di Gesù cogliamo subito un elemento in comune. Matteo nel raccontarci l’episodio dei Magi ci dice che il loro cammino fu guidato da una “stella” (cf. Mt 2,2.7.9.10), mentre nel descriverci l’episodio del Battesimo ci dice che lo sguardo di Giovanni fu guidato da una “colomba” (cf. Mt 3,16). Nell’uno e nell’altro caso gioca un ruolo decisivo la presenza dello Spirito che si manifesta attraverso la simbologia della “stella” e della “colomba”. In entrambi i casi questi segni vengono interpretati come “luce della Sapienza divina”, che è un dono tipico dello Spirito. Tale Sapienza apre lo sguardo e illumina l’intelligenza dei Magi e del Battista. In altre parole, a tutti Gesù appariva come un uomo tra i tanti, ma essi, più di tutti, seppero vedere in lui la presenza di Dio.
Tra i vari elementi con cui Matteo descrive la scena del Battesimo ce n’è uno in particolare che ci consente di entrare nella logica manifestativa di Cristo e di comprendere più in profondità la dinamica della sua vita battesimale. Esso è la “discrezione” con cui Gesù si presenta al Giordano. Matteo, infatti, descrive Gesù non come un Dio che ostenta la sua divinità, né come uomo potente che esibisce il prestigio della propria classe sociale e politica, ma come un umile servo. Significativo a questo riguardo è perciò la sua decisione di mettersi in fila come un peccatore tra i peccatori per ricevere il battesimo. Un gesto il suo che non viene immediatamente compreso neppure dal Battista, che lo considera come un disonore per la sua dignità divina, ma che Gesù giustifica qualificandolo come un atteggiamento che scaturisce dalla sua decisione libera e volontaria di svuotarsi della sua divinità, pur di portare a compimento il suo processo di umanizzazione. Durante tutta la sua esistenza Gesù non fa che assumere progressivamente tutta la condizione umana, compreso le conseguenze il peccato. A partire dal battesimo egli ha cominciato a vivere come un peccatore tra i peccatori, e ha finito la sua esistenza storica come un maledetto che pende dalla croce (cf. Gal 3,13). È a partire da questa estrema condizione di abbassamento che egli porta a perfezione la nostra fede (cf. Eb 12,2), traducendola per noi in un cammino di salvezza.
Un atteggiamento il suo che sembra essere preannunciato già, a suo tempo, dal profeta Isaia, quando parla del Messia come di chi non ha alcuna forma appariscente. Isaia ci offre così i criteri per conoscere l’identità messianica di Gesù: “Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità … aprirà gli occhi ai ciechi e farà uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre” (cf. Is 42,2-7). Gesù, infatti, esercita la sua missione senza clamore, senza emettere condanne, al contrario, mostrandosi pieno di attenzione verso chi è disprezzato nella dignità personale e sociale, in particolare verso chi vive nella propria carne la drammatica esperienza del peccato.
Ecco allora tracciato il percorso ordinario della nostra vita battesimale: se i Magi ci insegnano ad uscire fuori dalla cultura d’origine e a lasciarci illuminare l’intelligenza dalla luce della Sapienza divina, Gesù ci invita ad accogliere fino in fondo la nostra umanità ferita dal peccato, per condividere con lui la condizione della sua filialità divina. E se i Magi e Gesù compiono questi gesti in circostanze particolari della loro vita, noi siamo chiamati a dilazionarli in tutta la nostra esistenza, così da trasformare la nostra vita in una dinamica battesimale, durante la quale siamo chiamati continuamente a morire a noi stessi e al nostro peccato, per risorgere con lui alla vita nuova (cf. Rm 6,3-11; Col 3,1-6). Si tratta perciò di acquisire un abitus, tale da tradurre il battesimo in uno stile di vita, ovvero in una conversione perennemente in atto, attraverso la quale siamo chiamati a conformarci continuamente alla mentalità evangelica di Cristo. Aderire alla dinamica battesimale significa allora partecipare della vita relazionale di Cristo, col Padre nello Spirito. È in questo orizzonte relazionale che il battesimo ci dischiude tutta la bellezza della vita filiale di Cristo. L’augurio dunque è che Dio possa ripetere a ciascuno di noi: “Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo!” (Mt 3,17), quale premessa per un’autentica testimonianza di fede nell’oggi della nostra cultura.
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