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7 Aprile 2024 - Anno B - II Domenica di Pasqua



At 4,32-35; Sal 117/118; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31


Vedere, toccare, credere:

la logica della fede di Tommaso




Michelangelo Merisi (detto Caravaggio), Incredulità di Tommaso (1600-1601), Bildergalerie, Potsdam (Germania).

“La sera di quello stesso giorno … venne Gesù, stette in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi’. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore … Tommaso, uno dei Dodici … non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: ‘Abbiamo visto il Signore!’. Ma egli disse loro: ‘Se … non metto il dito nel segno dei chiodi e la mano nel suo fianco … io non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo a loro e disse: ‘Pace a voi!’. Poi disse a Tommaso: ‘Metti qui il tuo dito …; tendi la tua mano e mettila nel fianco… e non essere più incredulo, ma credente!”. Gli rispose Tommaso: ‘Mio Signore e mio Dio!” (cf. Gv 20,19-28).

Dopo l’episodio del “sepolcro vuoto” l’evangelista Giovanni ci offre due racconti di “apparizioni”: quella a Maria Maddalena (cf. Gv 20,11-18) e quella ai Dodici (Gv 20,19-29). In realtà quest’ultimo racconto non fa che descrivere due episodi della stessa apparizione, avvenuta a distanza di “otto giorni” l’una dall’altra, di cui la seconda ha come destinatariospecifico Tommaso, la cui testimonianza ci viene proposta come un autentico capolavoro di fede. La sua collocazione, in questo tempo pasquale, potrebbe benissimo costituire il culmine di tutto quel cammino di conversione che abbiamo cercato di delineare durante la Quaresima. Riletti nella loro sequenza narrativa tutti gli episodi riportati da Giovanni appaiono collegati da un filo conduttore che evidenzia lo sviluppo della fede nel Risorto, compiuto dai discepoli.

Al pari di tutti gli altri evangelisti, anche Giovanni ci riferisce che l’evento della Risurrezione di Cristo è stato oggetto di diverse interpretazioni da parte dei discepoli, specie nel corso dei primissimi giorni, da quando cioè fu scoperto il sepolcro vuoto. Alcuni di essi, infatti, intesero i dati provenienti da questa scoperta, come un “trafugamento” del corpo di Cristo. Così la prima testimonianza di Maria Maddalena: “Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!” (Gv 20,2). Gli stessi dati,invece, vengono intesi dal discepolo che Gesù amava come segni della sua risurrezione, sebbene la sua “presenza” non era stata ancora realmente esperita (cf. Gv 20,1-10). E anche quando ciò accade essa viene diversamente interpretata: Maria Maddalena, infatti, lo confonde col “custode del giardino” (Gv 20,15); i due discepoli di Emmaus, invece, parlano con lui come a un “forestiero” che conversava con loro mentre erano in cammino (cf. Lc 24,18); i Dodici lo considerano addirittura un “fantasma” (cf. Lc 24,37-39). Le donne nel recarsi al sepolcro, riferiscono di “aver avuto anche una visione di angeli” (Lc 24,23), i quali vengono ora considerati come “uomini che si presentano loro in veste sfolgoranti” (cf. Lc 24,4-6), ora come di “due Angeli” (Gv20,12), ora come un solo “Angelo del Signore” (Mt 28,2-6), che in ogni caso conversavano con loro.

Solo quando Gesù comincia a interagire concretamentecon i discepoli: parlando (cf. Gv 20,19.21-23.27-29),mangiando (cf. Gv 21,5.12.15) e operando prodigi (cf. Gv21,6) in mezzo a loro, essi si convincono della sua reale risurrezione. Finché ciò non avviene l’evento pasquale è suscettibile sempre di diverse interpretazioni, talvolta perfino contraddittorie. Pertanto è possibile affermare che i discepoli cominciano a parlare di “Cristo risorto” solo a partire dalle sue “apparizioni”. È qui che Gesù viene compreso nella sua nuova forma d’esistenza, non più fisica, come l’avevano conosciuto fino a quel momento, ma “gloriosa”. La Pasqua costituisce perciò un evento che provoca nella vita dei discepoli un’autentica sterzata, determinando l’inizio di quella che san Paolo definisce “vita nuova in Cristo” (cf. Rm 6,4). Non si tratta di una vita diversa rispetto a quella di prima, ma della stessa vita profondamente impregnata della rinnovata esistenza di Cristo. Se c’è dunque una ragione che genera nei discepoli un cambiamento radicale di mentalità e di vita, questa è da individuare proprio nelle frequenti “apparizioni di Cristo” . E queste, fin dall’inizio, vengono comprese come undato rivelato, che fonda e conferma la loro fede in Cristo Risorto.

Ma come avviene nei discepoli questa rinnovata comprensione di Cristo? Rileggendo tutte d’un fiato le “apparizioni”, nei diversi racconti evangelici, prendiamo atto che esse lungi dall’essere trasmesse in ordine sparso, seguono, invece, un ordine ben preciso. Ognuna di esse contiene uno o più elementi che favoriscono lo sviluppo di quelle condizioni spirituali che consentono la percezione (cf. Gv 20,14; Lc 24,31), la comprensione (cf. Gv, 20,16; Lc 24,32) e la partecipazione alla vita gloriosa di Cristo (cf. Lc 24,30;). Gli evangelisti parlano di queste condizioni in diversi modi e forme. Giovanni, per esempio, ne parla quando racconta la discesa nel sepolcro vuoto di Pietro e del “discepolo che Gesù amava” (cf. Gv 20,1-10). Luca, quando, racconta l’episodio dei due discepoli di Emmaus, che lo riconoscono nell’atto dello “spezzare la parola” (cf. Lc 24,25-27.32) e in quello dello “spezzare il pane” (cf. Lc 24,30-31). Nell’odierno brano evangelico questa stessa operazione viene compiuta da Tommaso, quando, superato il suo abituale scetticismo, riesce finalmente a vedere nelle mani di Cristo “i segni della passione”, e a “mettere la mano nel suo costato” (cf. Gv20,27). Si capisce allora che quella di Tommaso non è appena appena una sua esigenza empirica, ma l’atto fondativo e decisivo della fede in Cristo.

Ma proviamo a ripercorrere il cammino di Tommaso. Giovanni ci informa che egli non era presente al momento della prima apparizione di Gesù ai discepoli (cf. Gv 20,24), ma lo vede solo “otto giorni dopo”. E nonostante sia stato destinatario del primo annuncio evangelico, da parte dei suoi compagni, egli continua a diffidare delle loro testimonianze, al punto da dire che “Se … non metto il dito nel segno dei chiodi e la mano nel suo fianco … io non credo”. Eccoci giunti al momento decisivo della fede in Cristo: l’incontro personale con lui, e più precisamente con lui crocifisso. Cosa intende esprimere Tommaso con questa sua esigenza? Perché egli non si accontenta delle testimonianze degli apostoli? Quale passaggio compie mettendo la mano nella piaga di Cristo? Cosa comporta nella sua vita questa esperienza? La risposta a queste domande, ci offre la possibilità di capire anche la metodologia rivelativa di Gesù. Egli appena dopo il saluto iniziale: “Pace a voi”, compie il gesto di “mostrare loro le mani e il fianco”, come a voler offrire il criterio per il suo riconoscimento. Questa annotazione ci attesta che i verbi: vedere, toccare, credere, usati da Giovanni, prima ancora diqualificare la fede empirica di Tommaso, costituiscono le tappe con cui Gesù porta a compimento la fede dei suoi discepoli. Costoro, infatti, nel vedere i segni della passione “gioirono nel riconoscere il Signore” (cf. Gv 20,20). Le piaghe costituiscono allora il criterio principale per capire che il Risorto non è un “fantasma”, ma lo stesso Gesù apparso nella vita gloriosa. Null’altro avrebbe potuto tracciare il passaggio da Gesù al Cristo e garantito la continuità della sua identità, come le piaghe.

Quella di Tommaso dunque più che essere una fede empirica, come certuni credono, è la fede di colui che non ha ancora compreso la necessità della sofferenza di Cristo (cf. Lc 24,26), e fatica ad accettarla, perché non è ancora giunto a rinnegare totalmente se stesso e la sua mentalità umana. Senza questa condizione non è possibile entrare nella vita gloriosadel Risorto, benché meno credere alla sua risurrezione. Solo quando riesce a toccare con mano la durezza e la crudezza della sofferenza di Cristo, ha la possibilità di riconoscere nel corpo sofferente di Gesù, quello glorioso del Cristo risorto. Tommaso infatti non chiede di toccare una qualsiasi parte del corpo di Gesù, ma le sue piaghe. Ciò significa che la sua fede ha raggiunto un livello tale da non poter essere più soddisfatta dal sentito dire. Non gli basta più quello che dicono gli altri. Egli avverte la necessità di un’esperienza personale. Mettere le mani nel costato significa condividere personalmente la passione e morte di Cristo, aderire alla sua logica pasquale. È qui che accade il passaggio definitivo alla salvezza. Qui Cristo si dischiude alla sua intelligenza. La formula con la quale egli esplicita questo complesso e misterioso processo di comprensione è: “Mio Signore e mio Dio”. Gesù viene compreso come “Signore e Dio”, ovvero come Sovrano che dispone del potere salvifico, tipico di Dio. Solo in lui ha origine la vita eterna. Signore, infatti, è il titolo che veniva attribuito solo a Yhawhè.

Con questo suo decisivo sì alla morte di Cristo egli porta a compimento il cammino di fede in Cristo. E quella morte di Gesù che sembrava segnare la fine di tutto, compresa la sua esperienza di discepolato, in realtà si rivela l’inizio di una nuova vita. Una scoperta che apre la sua mente all’intelligenza spirituale, grazie alla quale egli coglie il senso vero e pieno della sua vita. Ora questa diventa per lui “vita nuova in Cristo” vissuta nella forma della “vita ecclesiale”.

Quest’esperienza di fede di Tommaso traccia anche il nostro itinerario pasquale. Anche noi siamo invitati a compiere la stessa esperienza di fede: vedendo e toccando le ferite di quanti, in diversi modi e forme, continuano nell’oggi dell’umanità, la stessa sofferenza di Cristo. È in questa partecipazione che noi veniamo generati in Dio (cf. 1Gv 5,1), alla vita filiale di Cristo.  Una vita vissuta secondo la logica battesimale ed eucaristica, nella dinamica della morte-risurrezione e del dono di sé all’altro. È questa la logica che sottace alla prima comunità ecclesiale, descritta da Luca nel brano degli Atti degli Apostoli 4,32-35. Una vita vissuta all’insegna della comunione: segno distintivo della vita trinitaria nel mondo.  

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