6 Gennaio 2024 - Anno B - Epifania del Signore
- don luigi
- 5 gen 2024
- Tempo di lettura: 5 min
Is 60,1-6; Sal 71; Ef 3,2-3.5-6; Mt 2,1-12
I Magi: paradigma di ogni forma di ricerca umanistica, scientifica e teologica della verità

“Questo mistero non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come al presente … che i Gentili cioè sono chiamati, in Cristo Gesù, a partecipare alla stessa eredità, a formare lo stesso corpo, e ad essere partecipi della promessa per mezzo del vangelo” (Ef 3,5-6).
Particolarmente pertinenti queste parole di Paolo al contesto epifanico di quest’oggi. In effetti rileggendo, a volo d’uccello, i brani biblici che la Liturgia della Parola ci ha presentato dall’inizio dell’Avvento fino all’Epifania, prendiamo atto di un crescendo rivelativo del piano salvifico di Dio, e che Dio stesso, come afferma Paolo in questo brano della sua lettera agli Efesini, estende anche ai Gentili, a quei popoli cioè che sebbene lontani da lui, nutrono, a loro modo,un intimo desiderio di essere salvati. Costoro vengonosimbolicamente prefigurati dai Magi, di cui parla Matteo nel suo Vangelo. Verso di loro, infatti, sembra convergere il compimento di quell’antica profezia di Isaia, quando parla di: “Popoli che cammineranno alla luce del Signore, nella fitta nebbia che avvolge le genti” (cf. Is 60,1-4). “Essi, vengono da lontano … portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore” (cf. Is 60,4.6). Una profezia questa che siamo soliti relegare al contesto delle liturgie natalizie, per via della corrispondenza di alcuni suoi elementi col mistero dell’Epifania, quando invece essa sembra delineare lo scenario futuro, a tratti già percepibili nell’attuale globalizzazione del mondo, della convergenza dei popoli e delle relative esperienze religiose nell’universale conoscenza di Dio, di cui Cristo, come intuisce Paolo in questo brano, costituisce un’imprescindibile criterio di discernimento, capace di gettare un fascio di luce sul mistero di Dio e rivelarcene la volontà e le condizioni salvifiche, esattamente come accade di sperimentare ai Magi.

I Magi diventano così l’emblema di ogni cammino di fede verso Dio, tanto personale quanto collettivo dei popoli. Èimportante, perciò, lasciarci interpellare dal racconto che Matteo fa della loro esperienza di fede e chiederci: chi sono o a cosa alludono concretamente i Magi? Che contributo essi offrono alla conoscenza di Dio? Che ruolo svolgono nel piano rivelativo di Dio? Cosa hanno da insegnare a noi nell’attuale contesto religioso, culturale e sociale?
Stando alla descrizione matteana, i Magi sembrano appartenere più a un racconto parabolico che a un episodio reale, storicamente avvenuto. I dati, infatti, di cui disponiamo sono molto scarsi e non ci consentono di ricostruirne una precisa identità storica. Ad ogni modo, reali o simbolici che siano, essi ci offrono una straordinaria testimonianza di fede, in cui la pluralità dei saperi converge nell’unità della conoscenza teologica. In questo senso essi alludono a quanti, partendo dalla propria conoscenza scientifica, culturale e religiosa, e animati dall’insaziabile ricerca della verità, pervengono alla scoperta di Dio in Cristo.
Matteo parla di loro come di personaggi “provenienti dall’Oriente a Gerusalemme” (Mt 2,1), che, mossi da una “stella” (Mt 2,2.9), concludono il loro viaggio a “Betlemme” (Mt 2,5), dinanzi al “bambino Gesù”, riconosciuto come il “re dei Giudei” (Mt 2,2). Verso di lui infatti compiono un gesto di “prostrazione e di adorazione” (Mt 2,11), offrendo tre doni: “oro, incenso e mirra” (Mt 2,11), ciascuno con un significato profetico ben preciso. A Gerusalemme essi hanno modo di conoscere il re Erode (cf. Mt 2,3.7.9.12), al quale chiedono vanamente delle informazioni su Gesù. Erode, ignaro dell’evento, è costretto ad informarsi presso i “sacerdoti e scribi” (Mt 2, 4) i quali, dopo attente ricerche scritturistiche, lo istruiscono grazie ad una profezia messianica di Michea 5,1, secondo la quale, un capo, nascendo da Betlemme - un piccolissimo capoluogo di Giuda che ha dato i natali al re Davide - è destinato a guidare il popolo d’Israele (Mt 2,5-6).
Due sono le annotazioni intorno alle quali vorremmo strutturare il nostro commento: la prima ci viene dal v. 2: “Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. Con questa breve annotazione l’evangelista Matteo sembra dare il là ad un itinerario sapienziale che partendo dalla conoscenza‘scientifica’ del creato e illuminati da una misteriosa luce interiore, è possibile pervenire non solo all’affermazione dell’esistenza di Dio, ma perfino a un’esperienza di fede inlui. S’intravede in questo percorso quello già tracciato precedentemente nel libro della Sapienza 13,1-9; e dallo stesso Paolo nella lettera ai Romani 1,20. La seconda annotazione ci viene invece dal v. 1: “Vennero da Oriente a Gerusalemme”. Questa convergenza verso la Città Santa, sembra preludere un decisivo riconoscimento, da parte di tutti i popoli, della fede cristiana intesa come sviluppo e compimento delle proprie visioni religiose, culturali, umanistiche e scientifiche.
Su questa base, anche noi allora, siamo chiamati a ripercorrere, con la stessa onestà intellettuale e spirituale dei Magi, il cammino verso Dio, mettendo in campo tutte le forze e le risorse intellettive della nostra mente, illuminata dalla luce della Parola. È infatti grazie a questa sorta di ‘conoscenza integrale’ che essi hanno modo di risignificare e riorentare la loro ricerca ‘scientifica’ della verità, e farla sfociare nella conoscenza dell’unico Dio, del quale Cristo viene riconosciuto come la via, la pienezza e il compimento (cf. Gv14,6).
Essi non escludono, anzi sviluppano al massimo le potenzialità della ragione, tuttavia dinanzi alla verità di Cristo ne “rinnegano” (cf. Mc 8,34-35) il carattere assoluto, come lascia intendere il loro gesto di “prostrazione”, prefigurando in questo modo quelle condizioni che Gesù premette a chiunque proviene da una cultura diversa, di conoscerlo. Come nel caso dei Greci di cui parla Giovanni nel suo Vangelo (cf. Gv 12, 20-26). In questo senso i Magi sono i veri “poveri in spirito” (Mt 5,3), coloro cioè che consentono allo Spirito di Dio di illuminare la propria ragione dall’interno. In loro, infatti, lo Spirito sembra operare a un duplice livello: umano, con la luce dell’intelletto, simboleggiata della “stella”; divino, con la luce della rivelazione, simboleggiata dalle Scritture. Queste due luci, pur distinte, operano in perfetta sinergia, grazie alla quale pervengono alla conoscenza della verità che essi vedono incarnata nel bambino Gesù. Lungi dunque da una definizione concettuale e astratta, per loro la verità è una realtà viva e operante nel mondo. Essa appare sì piccola e insignificante, come il bambino che si ritrovano davanti, o come il granello di senape di cui parlerà in seguito Gesù (cf. Mt 13,31-32), ma se si ha il coraggio di accoglierla e di “adorarla”, rivela tutta la sua straordinaria potenzaunificativa e redentiva. Ecco il percorso spirituale che Matteo ci traccia attraverso i suoi Magi, i quali diventano il paradigma di ogni forma di ricerca, da quella razionale a quella scientifica, da quella esistenziale a quella spirituale, prefigurando quei discepoli di cui parla Gesù: “Se rimarrete fedeli alla mia parola, … conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8,31-32).




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