30 Luglio 2023 - Anno A - XVII Domenica del Tempo Ordinario
- don luigi
- 29 lug 2023
- Tempo di lettura: 6 min
Aggiornamento: 5 ago 2023
1Re 3,5.7-12; Sal 118/119; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52
La necessaria comprensione
“Avete compreso tutte queste cose?” (Mt 13,51), chiede Gesù ai suoi discepoli a conclusione delle sette parabole sul Regno di Dio, come a voler assicurarsi dell’esatta comprensione del loro contenuto. Un’operazione pedagogica alquanto interessante, quella che lui manifesta in questo versetto, perché ci aiuta a capire il ruolo della ‘necessaria comprensione’, nel percorso formativo dei discepoli, senza la quale la sua Parola rischia di vanificarsi nella molteplicità delle parole umane. La mancata comprensione, infatti, può impedire alla Parola di Dio di conseguire lo scopo per cui è stata inviata nel mondo (cf. Is 55,11). Gesù insiste ripetutamente su questa condizione intellettiva, ritenendola fondamentale, come emerge già dalla parabola del Seminatore, nella quale aveva affermato: “Tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende” si espone all’azione del maligno (cf. Mt 13,19). La comprensione, pertanto, è ciò che distingue il discepolo superficiale e occasionale da quello diligente e assiduo (cf. Mt 13, 11), o meglio, quello stolto da quello saggio (cf. Mt 25,1-13). Essa misura la qualità dell’ascolto, per questo motivo costituisce il requisito preliminare affinché “ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli … possa estrarre dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (cf. Mt 13,52).
La stima che Gesù nutre per questo atto cognitivo, dunque, è tale da indurci ad approfondirlo e a coglierne l’importanza per la nostra vita di fede, specie in un momento di crisi culturale e spirituale come il nostro, in cui tutte le cose, perfino i fondamenti della fede, vengono messi in discussione. Esso contribuisce ad arricchire quel ‘deposito sapienziale’ di cui ogni discepolo dovrebbe disporre, per diventare promotore del Regno di Dio nell’oggi della fede. A questa conclusione sembrano convergere anche i brani biblici, ai quali questa pagina evangelica viene associata, come quella del primo libro dei Re, dove, al pari del giovane e inesperto Salomone, anche noi ci scopriamo bisognosi di “un cuore docile che sappia … distinguere il bene dal male” (1Re 3,9), per svolgere al meglio la nostra missione nella Chiesa e nel mondo, affinché “tutto concorra al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Rm 8,28).
Ma proviamo a capire meglio cosa intende Gesù con questo atto cognitivo. Nella sua visione, come in quella biblica, la ‘comprensione’ è un’operazione che non si limita alla sola sfera logico-razionale, come per noi occidentali, ma coinvolge tutte le dimensioni della persona: da quella intellettiva a quella spirituale, da quella affettiva a quella relazionale, da quella speculativa a quella pratica ed esperienziale. Essa è il risultato di un atto sinergico, che accade nell’incontro tra lo spirito dell’uomo e quello di Dio. Non a caso il termine latino cum-prehendo, sottolinea l’unità di questa operazione. In altre parole, il discepolo, nel momento in cui comprende, accoglie in sé – facendolo proprio – il significato della Parola, che lo Spirito gli partecipa. E ciò accade non solo per mezzo dell’intelligenza del discepolo, ma anche per rivelazione divina, come Gesù stesso fa notare a Pietro, quando a Cesarea d Filippo, intuisce il mistero della sua identità messianica (cf. Mt 16,13-19). Per questa ragione il ‘comprendere’ coinvolge tutto l’uomo, nella sua inscindibile unità con Dio. Si tratta quindi di un atto fondamentale che consente di cogliere le prerogative per attuare la Parola nel vissuto quotidiano e di dare ragione della propria esistenza di credente.

Se tale è l’importanza del ‘comprendere’ si intuisce allora a cosa possa alludere Gesù con le parabole del Tesoro nascosto nel campo e della Perla preziosa. La comprensione del contenuto del Regno costituisce, per lui, la scoperta più importante alla quale può pervenire un discepolo. Essa è ciò che dà pienezza di senso alla sua vita. Per questo la sua scoperta impone una decisione, pari a quella che Gesù chiede al giovane ricco: “Va vendi tutto quello che hai … e avrai un tesoro in cielo” (Mc 10,21). Senza questa decisione nessun tesoro può essere acquistato.
Ma quali sono le condizioni perché ciascuno di noi possa acquisire o meglio “comprendere le cose” di cui parla Gesù? Una simile scoperta presuppone in primo luogo la ‘ricerca’, come emerge chiaramente dall’atteggiamento assunto dal mercante, nella parabola della perla preziosa (cf. Mt 13,45). Il che significa che anche noi, come lui, dovremmo assumere questo atteggiamento come condizione prioritaria della fede. Diventare cercatori di Dio.

È a questo che siamo chiamati, come Gesù stesso chiede ai suoi missionari: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, perché chiunque chiede riceve; chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Mt 7,7-8). Non basta, dunque, ricevere la fede dalla tradizione, dando per scontato i contenuti delle sue verità, occorre che anche noi ci mettiamo alla ricerca di quelli più profondi e impegnativi e che Gesù rivela solo a chi lo ama profondamente (cf. Gv 14,21). Per questa ragione l’atteggiamento più autentico e spontaneo che può scaturire dalla scoperta di questa perla è quello manifestato da Paolo, il quale “di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù”, reputa tutto il sapere umano – fino ad allora acquisito – come semplice “spazzatura” (cf. Fil 3,7-8). Si capisce allora la ragione per cui tanto il mercante, quanto il contadino, una volta scoperto il tesoro della loro vita, si mostrano disposti a vendere tutto quanto era in loro possesso, pur di acquistarlo. Un comportamento ben diverso da quello assunto dal giovane ricco, il quale per essere rimasto attaccato ai suoi averi “se ne andò via triste”, lasciando immaginare il dramma esistenziale che scaturì da quella mancata risposta. La disponibilità ad abbandonare le proprie cose, presuppone un’esperienza d’amore, come quella che Gesù fa compiere al giovane attraverso il suo sguardo: “fissatolo, lo amò” Mc 10,21). Ecco a cosa corrispondono il “tesoro” e la “perla”, senza il quale nessuna scelta evangelica è autenticamente possibile. E l’amore di Cristo è la perla più preziosa che possiamo custodire nelle valve del nostro cuore.
Ma come tradurre simili atteggiamenti nella vita quotidiana? Per quanto la comprensione del mistero del Regno preveda una gratuita rivelazione di Dio, come si evince anche dalla parabola del tesoro – dove il contadino trova ciò che è già stato precedentemente nascosto nel campo – per essa è necessario uno studio attento e diligente che consiste in una quotidiana riflessione e meditazione della Parola di Dio. Anche san Paolo, dopo essere stato fatto oggetto della rivelazione di Cristo sulla via di Damasco, trascorse un periodo di approfondimento e di discernimento della Parola, prima con Anania e poi con Barnaba, i quali lo aiutarono a comprendere il senso pieno della sua esperienza mistica, il cui significato gli si dischiuse solo grazie ad un costante approfondimento teologico, come attestano i diversi racconti che egli fa di quell’evento, nel libro degli Atti degli Apostoli e nelle sue lettere (At 9, 1-19; 22, 6-16; 26, 12-18; Gal 1, 11-17; Fil 3, 3-14; 1Tm 1, 12-17; Rm 7, 7-25). Non è sempre facile cogliere il valore dell’esperienza rivelativa di Dio. Spesso essa appare così intrecciata con quella intellettiva che occorre un serio discernimento per distinguerle. In questa situazione si rivela più che mai significativa la preghiera che Salomone fa all’inizio della sua esperienza regale e governativa: “Donami un cuore docile che sappia discernere il bene dal male” (cf. 1Re 3,5.7-12). Discernere significa imparare a riconoscere la voce di Dio tra le tante che gridano nel mercato del nostro cuore. Quella di Dio appare spesso piccola e insignificante, come il granello di senape (cf. Mt 13,31ss), ma se si ha il coraggio di sceglierla e di investire i propri averi su di essa, diventa il tutto della nostra vita, col quale nessun ‘tesoro’ può reggere il confronto. Cercare significa avere un obiettivo preciso da raggiungere nella vita, per questo occorre essere determinati, decisi, fermi, risoluti; sapere a quale rivenditore rivolgersi per chiedere le necessarie informazioni e le giuste valutazioni dei nostri prodotti. Purtroppo nella vita non mancano i ciarlatani e gli impostori. E ciò rende ancora più necessario il discernimento per “Raccogliere i pesci buoni nei canestri e buttare via quelli cattivi”, come fa il pescatore al termine della sua retata.

Il che significa che solo alla luce di Dio, avremo modo di capire il senso delle nostre opere e le conseguenze delle nostre scelte di vita. Preghiamo allora perché il Signore ci dia il suo Spirito di sapienza, affinché anche a noi egli ripeta le parole rivolte a salomone: “Siccome non hai chiesto né lunga vita, né ricchezze … ma discernimento nel giudicare … io ti concedo un cuore saggio e intelligente: come non ci fu nessuno prima di te né dopo di te” (1Re 3,11-12).




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