16 Luglio 2023 - Anno A - XV Domenica del Tempo Ordinario
- don luigi
- 14 lug 2023
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 22 lug 2023
Is 55,10-11; Sal 64; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23
Il potere della Parola
La tipologia dell’ascolto

“Così dice il Signore: Come la pioggia e la neve scendono dal cielo / e non vi ritornano senza aver irrigato la terra, / senza averla fecondata e fatta germogliare … così sarà della parola uscita dalla mia bocca: / non ritornerà a me … senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55,10-11);
“Un giorno Gesù uscì di casa, sedette in riva al mare … prese la parola e disse: Ecco il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava una parte cadde lungo la strada … Un’altra cadde sul terreno sassoso … Un’altra ancora cadde tra i rovi … Un’altra, infine, cadde sul terreno buono … Chi ha orecchi, ascolti” (cf. Mt 13,1-9).
Sono i versetti, che ci aiutano a mettere a fuoco il tema di questa 15a Domenica del Tempo Ordinario, che potremmo così formulare: Il potere della Parola e la tipologia dell’ascolto. Essi costituiscono un binomio inscindibile nella struttura della fede biblica. La vita spirituale che ne deriva dipende da questi due fattori: Dio parla, l’uomo ascolta.
Che Dio parli è un dato assodato: tutta la fede biblico-cristiana si fonda su questo presupposto originario, e di iniziativa assolutamente divina. Senza l’atto autorivelativo di Dio noi non avremmo avuto modo di conoscerlo, né di intraprendere la straordinaria avventura della salvezza, così come si è dischiusa nella storia che va da Abramo a Cristo, fino a noi. Pertanto la verità che lui ci comunica non è finalizzata a soddisfare solo le nostre esigenze teologico-intellettive, ma a renderci partecipi, in primo luogo, della sua vita d’amore. E che la sua Parola sia connotata di una straordinaria capacità creativa, rinnovativa e redentiva, lo attestano coloro che ne fanno esperienza, come Isaia, per esempio, di cui la Liturgia ci consegna un brano, dove il profeta, nel tentativo di descrivere le qualità della Parola, la paragona alla “pioggia” e alla “neve”; e più specificamente agli effetti che esse, cadendo, producono nel terreno, come quello di “fecondarlo”, tanto da metterlo nella condizione di far germogliare i semi che in esso vengono posti. Senza l’acqua il terreno, per quanto disponga di qualità minerarie, non può scioglierle e trasformarle in proprietà nutritive per l’erba, le piante e gli alberi. Se questo è il potere dell’acqua, si chiede il profeta, quanto superiore è quello della Parola, da cui l’acqua deriva. Da qui la conclusione: “essa non ritornerà a me senza effetto, / senza aver operato ciò che desidero / e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”.

Tuttavia la Parola può ben poco senza l’ascolto di colui al quale essa è rivolta. Non a caso, nel brano evangelico di Matteo, Gesù la paragona a un seme, che per quanto disponga di un potere generativo, necessita di un terreno. Ma non tutti i terreni, ovvero non tutte le persone che ricevano la Parola,sono atti a farla germogliare. Occorre che esse si predispongano a questa funzione. Da qui la Parabola del seminatore, che potremmo benissimo riformulare col titolo di Parabola dell’ascolto, per le diverse tipologie di ascolto che Gesù descrive in essa. L’uno o l’altro titolo dipende dal punto di vista che s’intende evidenziare: quello del seminatore oquello dell’ascoltatore.
Un buon seminatore, ovvero un buon evangelizzatore, indipendentemente dalle persone a cui si riferisce, deve largheggiare nella semina senza la paura di sprecare il proprio seme, esattamente come Dio, il quale “fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Mt 5,45). Chi più di lui sa dove spargere il seme, eppure non esita a lasciarlo cadere sulla “strada”, tra le “pietre” e perfino tra le “spine”, pur consapevole che questi elementi gli impediranno di ottenere i frutti sperati. Per lui chiunque merita di ricevere l’annuncio della salvezza, come fa lo stesso Cristo quando nelpredicare il Vangelo si rivolge a tutti: gente del popolo, pubblicani, prostitute, lebbrosi, storpi, ciechi, farisei, soldati, ufficiali, notabili, bambini …
D’altra parte Gesù, non esita a rilevare che la salvezza,per quanto sia un dono che Dio elargisce gratuitamente e con magnanimità, necessita di un atteggiamento che disponga la persona ad accoglierla, senza la quale essa rischia di essere vanificata. Eccoci giunti allora all’altro soggetto della parabola: l’ascoltatore. La Parola per divenire efficace e sprigionare tutte le sue potenzialità, necessita di un ascolto, ovvero di una comprensione attenta e profonda, senza la quale diventa molto difficile “custodirla”, “osservarla” e “metterla in pratica” (cf. Lc 8,21; 11,28). L’ascolto, dunque, si rivela determinante. Non a caso è tra i principali comandamenti che Dio rivolge al suo popolo: “Shema‘ Jisra’el”, “Ascolta Israele!” (Dt 6,4-9). Anche Gesù ribadisce costantemente questa disposizione d’animo, durante la sua predicazione: “Beati quelli che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28).
Ma come si diventa buoni ascoltatori? Gesù nella parabola ci offre alcune importanti indicazioni: occorre in primo luogo evitare un ascolto distratto e superficiale, privo di qualsiasi sforzo di riflessione e comprensione. Questo tipo di ascolto è proprio di chi ha un cuore così vuoto e indurito, a causa delle frivolezze, amarezze e delusioni della vita, da essere diventato del tutto refrattario alla Parola di Dio. Qualsiasi sia il modo con cui la si annuncia egli rimaneindifferenti, e la Parola non ha alcuna possibilità di penetrare e radicarsi dentro di lui. In questo caso essa, come il seme, rimanendo in superficie, è esposta al “maligno”, ovvero a tutti quegli atteggiamenti dietro i quali egli si occulta e ne impedisce l’attecchimento, come possono essere: la distrazione, l’apatia, la negligenza, la pigrizia, l’inerzia, l’ozio. Ecco il significato del “seme caduto lungo la strada” (Mt 13,4.19).

Una seconda tipologia di ascolto è quella di chi non tiene conto delle difficoltà e degli impegni che la Parola di Dio comporta; tipica di coloro che decidono da sé, sulla base del proprio entusiasmo o volontà a seguire Cristo, senza verificare se dispongono o meno del “terreno sufficiente”, ovvero delle giuste capacità, atte a sostenere la sequela nei momenti di prova. È a costoro che Gesù si riferisce quando dice: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio” (Lc 9, 62); o ancora quando ribadisce: “Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?” (Lc 14, 28-30ss). Non basta perciò aderire a Cristo, accogliere subito e con gioia la sua Parola, e magari compiere anche qualche progresso nella vita spirituale, occorre verificare, attraverso un serio discernimento, se si è idonei e si dispone delle giuste qualità per seguirlo. Perché non accada che le “tribolazioni”, le “persecuzioni”, leangherie, le offese, insomma tutte le diverse forme di prove a cui viene sottoposto un discepolo, inducano a ricredersi. Questo è il significato del seme caduto sul terreno sassoso (cf. Mt 13,5.20-21).
Un terzo tipo di ascolto è quello di coloro che non si curano affatto di eliminare dalla propria vita tutto ciò che impedisce alla Parola di Dio di crescere e svilupparsi. Tale ascolto si verifica quando una persona, pur aderendo al Vangelo di Cristo e progredendo in esso, non si decide mai a rinunciare totalmente ai piaceri e alle suggestioni del mondo, col quale, anzi, egli ritiene di dover trovare un felice compromesso; ignaro del pericolo che questa operazione comporta. Questa prassi religiosa rischia, prima o poi, di svuotare in lui e soffocare alla radice la vita della Parola. Ecco le conseguenze a cui espone il seme caduto tra le spine (cf. Mt 13,7.22).
Un quarto tipo di ascolto è quello legato alla pratica diligente della parola di Dio. Costoro non si limitano solo a comprenderla e ad assimilarla, ma anche a metterla in pratica: “Non chi dice Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). Chi è dunque il vero discepolo di Cristo se non colui che “ascolta la parola di Dio e la mette in pratica” (Lc 8,21). “Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile ad un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24). È chiaro, dunque, che la tipologia di ascolto preferita da Cristo non è quella di chi si limita a un ascolto momentaneo; e neppure quella di chi, mosso da facili entusiasmi, giunge perfino a raccogliere qualche progresso spirituale; tanto meno quella di chi, animato dal desiderio della conoscenza teologica, si sforza di studiare la Parola e scrutarne le profondità; ma quella di chi giunge a un’adesione totale del cuore e a un’obbedienza libera e gioiosa alla Parola di Dio, al punto da spendere per essa tutta la propria vita.
A costoro Cristo non parlerà più in parabole, poiché “è venuta l’ora in cui parlerà loro apertamente del Padre” (Gv16,25). Essi hanno raggiunto un tale affinità con la Parola, da conoscere perfino “i segreti del mistero del regno dei cieli” (Mt 13,11). Si sono così integrati con Cristo da averne assimilato il pensiero. La visione del regno di cui sono fatti partecipi non desta in loro più alcun dubbio. Essi vengono perciò considerati “beati”, perché hanno il privilegio di ascoltare e vedere ciò che neppure i profeti e i giusti prima di loro ebbero modo di ascoltare e vedere (cf. Mt 13,16-17). Per questa ragione la conoscenza che hanno acquisito di Dio,verrà loro moltiplicata, e “saranno nell’abbondanza” (Mt 13,12). Diversamente, a coloro che si sono contenuti nel vivere la Parola, perché frenati o condizionati dalle seduzioni del mondo, “sarà tolto anche quello che hanno” acquisito con i loro sforzi. Si comprende allora il senso della citazione del profeta Isaia (cf. Mt 13,14-15; Is 6,9-10), con la quale Gesùmette in guardia i suoi ascoltatori dalle possibili conseguenze negative a cui essi vanno incontro, quando si mostrano superficiali, indifferenti o addirittura ostili al suo insegnamento. Tuttavia, ed ecco qui la novità interpretativa che Gesù fa della citazione profetica: mentre Isaia preannuncia uno scenario negativo per coloro che non si dispongono all’ascolto, Gesù trasforma questo loro limite in una condizione favorevole, che esalta la magnanimità di Dio, sempre pronto ad elargire la sua salvezza a chiunque.
Questo brano evangelico ci interpella tutti, poiché tutti siamo, al tempo stesso, seminatori e ascoltatori della Parola. Tutti siamo chiamati a sperimentare la salvezza che Dio ci dona, attraverso un ascolto attento e diligente, e tuttavia a spargerla con larghezza e generosità, senza cedere alla tentazione di farne oggetto di possesso personale.




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