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15 Agosto 2021 - Assunzione della Beata Vergine Maria Anno B



Ap 11, 19; 12, 1-6. 10; Sal 44; 1Cor 15, 20-26; Lc 1, 39-56


Maria: icona di un’umanità

trasfigurata dall’amore


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Nel cuore dell’estate la Chiesa ci fa celebrare l’Assunzione di Maria Vergine al cielo. Potremmo limitarci a considerare questa festa come una semplice manifestazione della devozione mariana; vogliamo invece, cogliere l’occasione per riflettere sul destino della nostra esistenza. L’Assunzione di Maria al cielo, infatti, dice non solo l’esito della sua fede, ma traccia anche l’intera parabola della storia della salvezza, diventando l’icona dell’umanità redenta da Cristo. In questo senso Maria è primizia della risurrezione di tutti coloro che muoiono in Cristo (cf. 1Cor 20,21), ovvero di quanti “partecipando delle sofferenze di Cristo parteciperanno anche della sua gloria” (cf. Rm 8,17). Essa lascia intravedere la definitiva trasfigurazione dell’umanità, nella quale Dio sarà tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28). Fermarsi a riflettere su di essa significa, allora, non tanto limitarsi a capirne il senso, quanto impegnarsi a tradurlo in un linguaggio e in un vissuto capace di motivare la fede mariana, nell’attuale contesto culturale, ecclesiale e sociale. In questo senso l’Assunzione di Maria costituisce un invito a “cercare le cose di lassù” (Col 3,1), destinato, in particolare, a quanti riducono l’esistenza solo a quella terrena, svuotandola di ogni dimensione trascendente.

Personalmente mi limiterò ad offrirvi alcuni dati biblici, storici e teologici, lasciando poi alla vostra creatività spirituale la possibilità di trasfonderli in un vissuto di fede. Un’obiezione che si potrebbe muovere a questa festa è che nessun documento neotestamentario attesta l’Assunzione di Maria al cielo. Priva di un fondamento biblico la valenza teologica di questo dogma potrebbe essere inficiata. In realtà la festa affonda le sue radici nella Tradizione spirituale della Chiesa, nella quale il papa, facendosi interprete di un sentire comune, esprime la lode e la riconoscenza verso Maria, messa, per altro, già in evidenza dall’evangelista Luca, nel Magnificat: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1, 48)[1]. Col dogma, proclamato nel 1950, Pio XII raccoglie ed esprime, allora, con un riconoscimento ufficiale, tutta una tradizione spirituale mariana, diffusa nella Chiesa, sin dal IV secolo in Oriente, e a partire dal VII secolo in Occidente[2]. Queste le parole conclusive del suo documento magisteriale Munificentissimus Deus: “l’Immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”. Con questa proclamazione Maria viene riconosciuta come la prima destinataria della risurrezione di Cristo. Ella prefigura e anticipa il mistero della risurrezione (cf. Cor 15,2-3), che avrà il suo compimento alla fine dei tempi. Maria è la “primizia” di un’umanità chiamata da Cristo alla vita eterna.

La formulazione dogmatica, tuttavia, per quanto si pronunci sulla sua assunzione al cielo, non dice nulla sul modo con cui ciò avvenne. Tale interpretazione viene lasciata all’intelligenza della tradizione devozionale che si diversifica a secondo della visione Ortodossa o Cattolica. Mentre nella prima si parla di dormizione, nella seconda si parla di assunzione. La dormizione sostiene che Maria non sarebbe morta, ma sarebbe soltanto caduta in un sonno profondo e quindi entrata nella vita gloriosa. L’assunzione invece parla di “fine del corso terreno” della vita, che non esclude la morte, ma neppure l’ammette. Con l’una o l’altra interpretazione ciò che s’intende affermare, in coerenza con l’altro grande dogma mariano dell’Immacolata concezione (1854), è che Maria, essendo stata preservata dal peccato originale, non è stata soggetta alla corruzione del corpo, conseguenza del peccato, ma che sia stata resa partecipe della vita gloriosa del Figlio direttamente, sia con l’anima che con il corpo, anticipando la sorte dell’umanità credente[3].

La liturgia della Parola, comune a tutto il ciclo liturgico triennale, esprime questa realtà attraverso brani biblici particolarmente significativi, specie quello dell’Apocalisse, nel quale viene descritta una visione mistica, il cui oggetto è una donna, non specificata nella sua identità nominale. Essa viene rappresentata come un “segno grandioso nel cielo”, abbigliata con un corredo fatto di sole, luna e stelle, che le conferisce un carattere cosmico. Non è facile indagare il significato di questa simbologia, ma la vicenda storica di Maria e della Chiesa, alla cui luce può essere riletta l’intera visione, sembrano offrirci delle chiavi di lettura plausibili. In questa prospettiva Maria assume un ruolo particolarmente significativo nel piano salvifico di Dio, non solo per quello che riguarda l’umanità, ma l’intero creato. Lo stato di gravidanza col quale viene descritta la donna, pare infatti preludere quello delle doglie del parto di cui tutta la creazione geme e soffre, da oggi (cf. Rm 8,22) fino al suo compimento escatologico.

Tuttavia il piano divino che si va misteriosamente dischiudendo nella storia, è costantemente contrastato da una forza opposta, simboleggiata da un “enorme drago rosso” (Ap 12,3). A differenza di quello divino, questo secondo simbolo presenta un profilo molto terreno, specie quando assume la forma e la logica del potere politico. Anch’esso è rivestito di elementi assai preziosi, ma di natura mondana, suggestivi, tali da esercitare su quelli celesti un influsso notevole, fino a farli “precipitare sulla terra” (Ap 12, 4). L’enorme drago rosso allude chiaramente al male, in tutta la sua potenza divoratrice. Esso esercita nel mondo un influsso notevole, il cui dominio è così forte che necessita di un intervento divino. Ogni cosa che si sottrae all’azione di Dio, viene coinvolta all’interno di questa potenza vorace che la riduce al nulla. Il deserto diventa così lo spettro di questa realtà conflittuale del mondo che vede coinvolto l’uomo nella sua lotta contro il male, al contempo costituisce un luogo di rifugio per quanti, come la donna, malgrado tutto, portano al termine il loro compito: partorire il figlio maschio, ovvero continuare nel tempo il processo incarnativo del Verbo, col quale si compie il disegno di Dio: “ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo” (Ap 12,10).

Il linguaggio con cui Giovanni descrive la sua visione è particolarmente ricco di significati simbolici, che spesso sfuggono alla nostra comprensione, per questo motivo la sua interpretazione necessita non solo di una profonda familiarità col mistero di Dio, ma anche di una riflessione teologica attenta ed oculata, alla quale non siamo certamente abituati. Da qui l’invito, piuttosto impegnativo che sembra provenire dal suo libro, come di chi desidera abituarci a rileggere la storia alla luce del piano sapienziale di Dio, esattamente come si sforza di fare la Chiesa, quando cerca di orientare il destino del mondo verso il suo compimento escatologico. Di questa azione divina ciascuno di noi è chiamato a farsi interprete, per incarnare la salvezza nell’oggi della fede. In questo senso solo chi, come Maria, pronuncia il suo sì, consente a Dio di dischiudere il suo piano salvifico e di prefigurare il destino a cui è chiamato l’intero creato. Anche noi pertanto, come lei, siamo chiamati a realizzare la beatitudine che Elisabetta le riconosce: “Beata te che hai creduto nell’adempimento della parola del Signore” (Lc 1,45).

La rilettura in chiave mariologica del brano di Paolo ai Corinti 15, 20-26, traccia il profilo e il destino dei credenti in Cristo, ma soprattutto lascia intravedere come tutto questo destino si sia già realizzato in Maria. Ella, tuttavia, riceve una singolare anticipazione prima della seconda venuta di Cristo.

Il Magnificat può essere inteso come il vangelo mariano, riletto e rielaborato alla luce della sua esperienza spirituale. Ripercorrerlo significa, per certi versi, individuare le condizioni per incarnare il vangelo nel sociale, esattamente come lei ha incarnato Dio nel mondo. Tale vangelo contiene i presupposti per estendere la spiritualità di Maria a quella della Chiesa. La prospettiva infatti con cui Maria viene tratteggiata non è solo quella individuale, ma anche quella collettiva di un popolo che decide di lasciarsi guidare da Dio nel suo cammino esistenziale. Quella mariana diventa allora segno distintivo di una spiritualità ecclesiale, che senza escludere una dimensione politica, traccia le condizioni di un progetto sociale salvifico. La logica relazionale che la caratterizza ha come specifico l’intento di divinizzare il mondo. In questo senso il Magnificat diventa il canto del popolo cristiano che contempla l’azione di Dio nella propria vita. Esso costituisce un invito a ridisegnare il profilo dell’uomo, secondo il cuore di Dio (cf. 1Sam 13,14). Quel profilo che vede già in Maria l’immagine dell’umanità realizzata e compiuta.

[1] In realtà pur non disponendo di un esplicito riferimento biblico il dogma fonda le sue dichiarazioni dottrinali su diversi passi evangelici, la cui funzione è quella di esplicitare il rapporto tra Maria e il Figlio. Tra di essi distinguiamo quelli relativi alla generazione del Figlio: Lc 1,26-30; Mt 1,18-25; Lc 2,1-21; Mt 2,1-23; Lc 2,22-52; quelli della vita pubblica: Gv 2, 1-11; Mt 12, 46-50; e quelli sul calvario: Gv 19,25-27. [2] Il primo documento storico che ci attesta questa devozione mariana è quello di san Gregorio di Tours (538 ca - 594), storico e agiografo gallo-romano che così scrive: “Infine, quando la beata Vergine, avendo completato il corso della sua esistenza terrena, stava per essere chiamata da questo mondo, tutti gli apostoli, provenienti dalle loro differenti regioni, si riunirono nella sua casa. Quando sentirono che essa stava per lasciare il mondo, vegliarono insieme con lei. Ma ecco che il Signore Gesù venne con i suoi angeli e, presa la sua anima, la consegnò all’arcangelo Michele e si allontanò. All’alba gli apostoli sollevarono il suo corpo su un giaciglio, lo deposero su un sepolcro e lo custodirono, in attesa della venuta del Signore. Ed ecco che per la seconda volta il Signore si presentò a loro, ordinò che il sacro corpo fosse preso e portato in Paradiso”. [3] La vita di Maria si ritrova così circoscritta all’interno di due dogmi: quello dell’Immacolata concezione e quello dell’Assunzione al cielo. Nel primo ella fu prescelta per ospitare il Verbo nel suo senso durante la vita terrena, nel secondo fu destinata ad essere ospitata direttamente dal Figlio, al termine della sua vita terrena.

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