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1 Gennaio 2024 - Anno B - Maria Santissima Madre di Dio


Nm 6,22-27; Sal 66; Gl 4,4-7; Lc 2,16-21


La maternità ecclesiale di Maria


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“Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il Figlio, nato da donna, … per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà Padre!” (Gal 4,4-6).

Dopo aver celebrato il grande evento del Natale e meditato sulla Famiglia di Nazaret, la Chiesa ci invita a soffermare la nostra attenzione su un altro grande mistero: la Maternità divina di Maria, che la Liturgia sembra voler esplicitare con questi versetti, appena citati, tratti dalla lettera di Paolo ai Galati. Un tema ricco di risvolti spirituali, specie per chi coglie in esso il segreto della maternità ecclesiale, ovvero di quella forma di vita spirituale, capace di farci diventare “figli adottivi di Dio” di cui parla Paolo (cf. Gal 4,5).

In realtà la Liturgia della Parola ci propone anche un altro grande tema: la solenne Preghiera di benedizione (Nm 6,22-27), con la quale la Chiesa ci pone sotto la protezione di Dio ed è solita inaugurare il nuovo anno civile. Mi piace immaginare questi due temi come accomunati tra loro dall’immagine della fecondità spirituale, alla cui insegna intendiamo consacrare tutte le nostre attività ecclesiali.

La solennità della Maternità divina di Maria ci invita, ancora una volta, a fare memoria dell’evento dell’Incarnazione del Verbo. Questa volta, però, a rileggerlo dal punto di vista di Maria. Vi propongo, perciò, di compiere un esercizio spirituale, che ciascuno può fare quando ritiene opportuno. Esso consiste nel ripercorrere quel cammino di fede, durante il quale Dio ha condotto Maria a compiere il passaggio dalla maternità biologica a quella spirituale e, attraverso il quale, conduce noi, oggi, a tradurla in quella ecclesiale. Come lei, infatti, anche noi siamo chiamati a generare relazioni trinitarie, capaci di generare nuovi figli di Dio nella Chiesa. Lo facciamo seguendola lungo quelle tappe scandite dagli episodi descritti nei Vangeli dell’Infanzia, ovvero quei capitoli nei quali Maria viene ritratta nell’intimità della sua vita spirituale, come: l’Annunciazione, la Visitazione, la Natività, l’Adorazione dei pastori e dei Magi, la Presentazione al Tempio, lo smarrimento e il ritrovamento di Gesù tra i dottori della legge fino all’episodio che segna la svolta decisiva della sua maternità: la Consegna sotto la croce, a partire dalla quale Maria diventa Madre della Chiesa. Si tratta di un percorso tutto mariano che vi suggerisco di compiere con la sua stessa docilità di cuore, così da permettere allo Spirito di operare le sue meraviglie. Sono certo che questo esercizio vi insegnerà a riconoscere la presenza discreta e misteriosa di Dio, perfino nelle circostanze apparentemente più critiche e dolorose della vostra vita: personale, ecclesiale o sociale che sia. Occorrerà perciò affinare i sensi spirituali[1] e imparare ad abitare il silenzio come fa Maria: ascoltando, custodendo e meditando (cf. Lc 1,17-19)[2],grazie ai quali Maria va tesoreggiando nel cuore l’evento dell’Incarnazione. A questo proposito mi sembra quanto mai appropriata l’immagine di Sant’Efrem quando dice che Maria è stata fecondata attraverso l’orecchio. In effetti è così: lo Spirito, tramite l’ascolto, la meditazione e la memoria posa in lei il seme della Parola di Dio. Luca formula quest’azione dello Spirito con una espressione tanto suggestiva quanto misteriosa: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra” (Lc 1,35). Sono immagini delicatissime per dire che lo Spirito opera senza stravolgere lo spirito delle persone, anzi trasfigurandolo dall’interno, un po’ come fanno le api con i fiori: li fecondano lasciandoli intatti, senza deformarli o distruggerli.

Tra i diversi brani citati, però, due sono quelli su cui vi propongo di soffermare, in modo particolare, la vostra attenzione: la Presentazione al Tempio e la Consegna sotto la croce. In questi episodi Maria ha la conferma che il suo destino è profondamente intrecciato con quello del figlio. Essi infatti sembrano attestare quel processo di spossessamento del figlio che dà origine alla sua maternità spirituale ed ecclesiale. Fino ad allora lei aveva insegnato a Gesù ad essere figlio, ora Gesù la educa ad essere madre, madre della Chiesa. Un passaggio doloroso questo, ma necessario per chiunque decide di giungere alla fecondità spirituale. In altre parole occorre che ciascuno lasci Cristo libero di compiere, nel proprio cuore, quella trasformazione operata alle Nozze di Cana (Gv 2,1-12), quando attraverso l’immagine dell’acqua e del vino, egli ci prefigurò la trasformazione dell’amore umano in amore divino. Come a Cana anche in noi deve poter avvenire lo stesso miracolo. È questo amore che ci fa figli di Dio, predisponendoci a compiere la sua volontà, come emerge dalle parole di Gesù quando dice: “Chi è mia madre? … ecco, mia madre è colui che fa la volontà di Dio” (cf. Mc 3,33-35; Mt 12,46-50; Lc 8,19-21).

In questa prospettiva cogliamo meglio anche il gesto della benedizione di Dio, secondo la descrizione che ne fa il libro dei Numeri 6,22-27. Stando alla testimonianza biblica, infatti, la benedizione di Dio è legata alla vita. Nel libro della Genesi e precisamente nel racconto della creazione, troviamo che Dio ripete per tre volte questo gesto: la prima volta sugli animali (cf. Gen 1,22), la seconda volta su Adamo ed Eva (cf. Gen 1,28), la terza volta quando benedice il sabato (cf. Gen 2,3). Nel primo e nel secondo caso la benedizione è connessa alla fecondità e alla generazione della vita: siate fecondi e moltiplicatevi, ripete a tutte le creature viventi. Come a dire che non basta essere creati da Dio, ma occorre la sua benedizione per ricevere il potere di generare. Tutte le creature viventi intanto possono generare in quanto sono benedette da Dio. Con la benedizione del sabato, invece, Dio rende sacro il riposo fisico, creando in questo modo le condizioni per la fecondità spirituale. Come a dire che solo chi ascolta, riflette, medita e custodisce la Parola di Dio può a sua volta generarlo tra gli uomini.

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Ma qual è il contenuto e lo scopo della benedizione? La “pace”, la “giustizia” e la “salvezza” costituiscono certamente i doni che Dio intende trasmettere al suo popolo; allo stesso tempo sono l’auspicio che ogni pio Israelita rivolge al prossimo: “Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace” (Nm 6,26); “Dio abbia pietà di noi e ci benedica / … perché si conosca fra tutte le genti la tua salvezza” (Sal 66); “Esultino le genti e si rallegrino, / perché giudichi i popoli con giustizia” (Sal 66). Il suo scopo, pertanto, è quello di garantire, attraverso questi doni, la presenza viva e operante di Dio nel corso del tempo. Non a caso essa è legata al nome di Dio: “Così porranno il mio nome sugli israeliti” (Nm 6,27). La benedizione garantisce così la costante presenza del nome di Dio nella storia, come lascia intendere la formula: “Io sono colui che sono” (Es 3,14) che Dio rivela a Mosè sul monte Sinai. Se il popolo custodisce la presenza di Dio, Dio a sua volta diventa il custode del suo popolo: “Il Signore ti benedica e ti protegga” (Nm 6,24). Questa presenza deve brillare visibilmente sul volto di chi la riceve: “Il Signore faccia brillare il tuo volto” (Nm 6,25), fino a diventare motivo di salvezza per ogni popolo, come ribadisce anche il salmo: “Dio faccia splendere il suo volto su di noi, / perché si conosca fra le genti la sua salvezza” (Sal 66).

L’augurio dunque è che ciascuno di noi diventi motivo di benedizione da parte di Dio e luogo in cui la sua pace, la sua giustizia e la sua salvezza possano risplendere a favore del prossimo. 


[1] Per sensi spirituali s’intendono quegli ‘organi’ che, in analogia con i cinque sensi fisici, consentono di pervenire alla conoscenza della vita spirituale o di quelle realtà invisibili professate dalla fede. 

[2] Leggere, ascoltare, meditare, riflettere, custodire sono le operazioni con cui incidiamo la Parola di Dio nella memoria e consentiamo allo Spirito di trasformarla in cibo spirituale, come le api trasformano il nettare in miele e allo stesso tempo consentono allo spirito di essere fecondato.

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