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06 Gennaio 2021 - Epifania del Signore - Anno B


Is 60, 1-6; Sal 71; Ef 3, 2-3.5-6; Mt 2, 1-12



I Magi: paradigma della ricerca onesta


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Rileggendo, tutti d’un fiato, i brani biblici che la Liturgia della Parola ci ha presentato dall’inizio dell’Avvento fino all’Epifania, ci sembra come di assistere ad un crescendo rivelativo, col quale Dio intende coinvolgerci sempre di più all’interno del suo disegno salvifico. Un disegno, a dire il vero, che non sempre riusciamo a cogliere. Anzi, il più delle volte, presi come siamo dalle faccende e preoccupazioni quotidiane, notiamo che di esso riusciamo a carpire solo qualcosa: ricordando qua e là qualche episodio, oppure un personaggio o addirittura solo qualche particolare. Magari talvolta ci è capitato pure di aver compreso un “simbolo” che ci ha permesso di intuire un significato che va oltre la sua semplice descrizione narrativa. Ma da qui ad avere chiaro il piano di Dio, abbiamo capito che deve scorrere ancora molta acqua sotto il ponte della nostra fede. Ma per quanto impegnativo che sia, vorremmo tentare anche noi un approccio a questo piano rivelativo, se non altro per imparare a capire il modo con cui Dio dispiega il suo amore nella nostra storia personale, ecclesiale e sociale, quindi a riconoscere i segni e il linguaggio con cui lui ce lo comunica.

A questo proposito è interessante notare, come Matteo venga incontro proprio alla nostra esigenza. Egli, infatti, ci propone un episodio evangelico nel quale, attraverso alcuni misteriosi personaggi, sembra tracciare la parabola di quanti partendo dalla ricerca della verità, pervengono alla scoperta di Dio in Cristo. Perciò è importante lasciarci interpellare dal suo racconto e guidare dalla sua testimonianza. Lo facciamo chiedendoci in primo luogo: chi i sono questi personaggi di cui lui parla? Come mai li menziona? Che ruolo svolgono nel piano rivelativo di Dio? Si tratta di personaggi reali o simbolici? A cosa alludono e cosa hanno da insegnare al nostro cammino di fede?

I dati di cui disponiamo su di essi sono molto scarsi e non ci consentono di ricostruirne una precisa identità. Perciò, reali o simbolici che siano, rimaniamo fedeli al racconto matteano. Matteo parla di loro come di “Magi”, “provenienti dall’Oriente a Gerusalemme” (Mt 2, 1), i quali, mossi da una “stella” (Mt 2, 2.9) concludono il loro viaggio a “Betlemme” (Mt 2, 5), dinanzi al “bambino Gesù”, che essi riconoscono come il “re dei Giudei” (Mt 2, 2). Nei suoi confronti compiono infatti un gesto di “prostrazione e di adorazione” (Mt 2, 11), e al quale offrono anche tre doni: “oro, incenso e mirra” (Mt 2, 11). A Gerusalemme essi hanno modo di conoscere il re Erode (cf. Mt 2, 3.7.9.12), al quale chiedono vanamente delle informazione su Gesù. Erode, ignaro dell’evento, è costretto ad informarsi presso i “sacerdoti e scribi” (Mt 2, 4) i quali, dopo attente ricerche scritturistiche, lo istruiscono grazie ad una profezia messianica di Michea 5, 1, secondo la quale, un capo, nascendo da Betlemme - un piccolissimo capoluogo di Giuda che ha dato però i natali al re Davide - è destinato a guidare il popolo d’Israele (Mt 2, 5-6).

Due sono le annotazioni intorno alle quali vorremmo strutturare il nostro commento: la prima ci viene dal v.2: “Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti ad adorarlo”. Con questa breve nota l’evangelista Matteo sembra dare il là ad un itinerario sapienziale che partendo dalla contemplazione delle opere del creato, consente di giungere a riconoscere l’esistenza di Dio, e perfino a fare una straordinaria esperienza di fede in lui. S’intravede in questo percorso quello già tracciato precedentemente nel libro della Sapienza 13, 1-9; e dallo stesso Paolo nella lettera ai Romani 1, 20.

La seconda ci viene invece dal v. 1: “Vennero da Oriente a Gerusalemme”, nella quale sembra di intravedere l’insorgere di nuove prospettive evangelizzative: non solo quelle del cristianesimo che si apre all’evangelizzazione delle altre culture, ma anche quelle di queste ultime che vedono nella fede cristiana lo sviluppo e compimento delle proprie visioni della vita. Un’intuizione, questa di Matteo, straordinaria, poiché lascia intravedere la realizzazione dell’antica profezia di Isaia: “le genti cammineranno alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere … Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore” (Is 60, 3.6).

Partendo da queste due brevi annotazioni di Matteo vediamo il cammino di fede tracciato dai suoi Magi. Anche noi come loro siamo chiamati a ripercorrere, con la stessa onestà intellettuale e spirituale, il cammino verso Dio, mettendo in campo tutte le risorse della nostra ragione e al contempo lasciarcela illuminare dalla luce della Parola, esattamente come fanno i Magi, i quali pur disponendo di una vasta sapienza umana, come quella che proviene dalla saggezza, dallo studio scientifico e dalla speculazione della ragione, ne percepiscono il limite e perciò avvertono la necessità di integrarla con quella proveniente dalle Scritture, come attesta la profezia di Michea, opportunamente inserita da Matteo in questo brano. Sarà grazie a questa ulteriore conoscenza che essi hanno modo di risignificare e riorentare la loro ricerca della verità, facendola sfociare in Dio, nel quale essa trova pienezza e compimento.

Essi non escludono, anzi sviluppano al massimo la ragione e senza assolutizzarla la piegano, o meglio la “rinnegano” (cf. Mc 8, 34-35) dinanzi alla verità, come lascia intendere il loro gesto di “prostrazione”, prefigurando in questo modo quelle condizioni che Gesù premette a chiunque chiede di conoscerlo, ma proviene da una cultura diversa, come nel caso dei Greci di cui parla Giovanni nel suo Vangelo (cf. Gv 12, 20-26). Essi sono i veri “poveri in spirito” (Mt 5, 3), coloro cioè che consentono allo Spirito di Dio di illuminare la propria ragione dall’interno, il quale opera ad un duplice livello: umano, con la luce della “stella”, ovvero dell’intelletto; divino, con la luce della rivelazione. Questa illuminazione consente loro di fare una scoperta straordinaria, fuori dal comune. La verità alla quale giungono non è una definizione concettuale e astratta, come quella alla quale pervengono la maggioranza dei ricercatori, ma una persona viva. Essi la riconoscono incarnata in Cristo (cf. Gv 14, 6). Magari, al momento della scoperta, essa appare sì piccola e insignificante come un bambino o come un granello di senape (cf. Mt 13, 31-32), ma se si ha il coraggio di accoglierla e di “adorarla”, rivela tutta la sua straordinaria potenza creativa e redentiva. Essa diventa il Verbo, la ragione, il senso, il tutto dell’esistenza. Ecco il percorso spirituale che Matteo ci traccia attraverso i suoi Magi, i quali diventano il paradigma di ogni forma di ricerca, da quella razionale a quella scientifica, da quella esistenziale a quella spirituale, prefigurando coloro di cui Gesù dirà: “Se rimarrete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli, conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Gv 8, 31-32).

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