25/12/2020 - Natale di nostro Signore Gesù Cristo - Anno B
- don luigi
- 25 dic 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 27 dic 2020
Is 52, 7-10; Sal 97; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18
Alle origini del Natale

Vorrei premettere a questa meditazione sul Natale una considerazione che mi auguro possa aiutarci a mettere a fuoco il senso di questo evento. È un dato di fatto, da tutti rilevabile, che il Natale così come viene attualmente celebrato, risulta del tutto svuotato del suo significato. Esso appare ridotto ad un evento legato più ad una tradizione culturale che non squisitamente religiosa; eppure, malgrado tutto, continua ad essere tenacemente celebrato. Da qui alcune domande: cosa accade di così straordinario, a Natale, da custodirne ancora la tradizione? Qual è il nucleo specifico di questo evento, che lo fa resistere ad ogni cultura che cerca di svuotarne il senso? Noterete che la risposta a queste domande ci impegna ad andare alle origini e all’essenza del Natale. Per farlo occorre compiere un’operazione alquanto faticosa, ma estremamente necessaria ai fini della nostra fede e della nostra vita spirituale: fare memoria della storia salvifica di Dio. Fare memoria significa ripercorrere a ritroso il cammino attraverso il quale Dio ha realizzato l’evento dell’Incarnazione, come principio e condizione della nostra salvezza, e alla sua luce capire il modo con cui egli compie la stessa salvezza anche per noi, nell’oggi della nostra fede. In realtà, abituati come siamo a dare tutto per scontato e a vivere ogni cosa con estrema superficialità, ci riesce alquanto difficile fare memoria. Eppure essa si rivela tanto più importante quanto più avvertiamo l’esigenza di dare un senso alla nostra esistenza, specie in questo particolare momento storico di crisi.
Domenica scorsa abbiamo avuto modo di tracciare, sia pure limitato a solo due brani biblici, quel percorso del piano incarnativo di Dio che va dal desiderio davidico di voler costruire un tempio a Dio (Jahvè), fino al concepimento del Verbo nel grembo di Maria. Un periodo storico profondamente caratterizzato da un senso di attesa, che si distende lungo un arco di tempo di circa mille anni, se consideriamo che Davide è vissuto tra l’XI e il X secolo a.C. e Maria nella seconda metà del I secolo; durante il quale gli ebrei vanno progressivamente prendendo coscienza dell’arrivo di una figura, piuttosto misteriosa, che viene qualificata in termini di Messia (Unto di Dio), ovvero di un uomo totalmente consacrato a Dio che avrebbe condotto il popolo alla libertà e quindi alla salvezza.
In realtà l’attesa del Messia comincia alcuni secoli prima, già al tempo di Mosè (XIII e XII circa) precisamente nel momento in cui egli formula una profezia che si rivela particolarmente significativa a questo riguardo. La ritroviamo raccolta nel libro del Deuteronomio e così formulata: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me, a lui darete ascolto” (Dt 18, 15). Alla luce di questa profezia, sembra chiaro che Mosè, per quanto sia consapevole di aver svolto un ruolo determinante nel condurre il popolo di Dio verso la libertà, intuisce che la sua liberazione era solo prefigurativa di quella salvifica operata in seguito da Cristo, preannunciato e riconosciuto da lui come il vero Profeta a cui dare ascolto. Con Cristo, infatti, quella promessa salvifica, così tanto attesa dal popolo, trova il suo definitivo compimento, come attesta la visione del vecchio Simeone, nella quale Gesù viene salutato come il Messia atteso (cf. Lc 2, 34). Questo riconoscimento ci consente di affermare che quella salvezza che per gli ebrei è ancora da venire, viene esperita già nella persona storica di Cristo. Pertanto noi cristiani, celebrando il Natale, non solo facciamo memoria dell’evento con cui Dio si è fatto uomo - ha assunto la nostra stessa carne e condiviso tutto quello che essa comporta - ma affermiamo anche che l’umanità di Gesù, la sua carne costituisce un autentico luogo di salvezza, per chiunque lo riconosce come Dio. Ecco la straordinaria novità dell’annuncio natalizio.
Ma come accade tutto ciò? Questa domanda ci invita a scendere più in profondità nel mistero del Natale. Riflettendo sui Vangeli prendiamo atto che tutta l’esistenza storica di Gesù, è una manifestazione dell’amore di Dio. Tutto ciò che Gesù ha “detto” e “fatto” in vita comunica l’amore divino dal quale lui proviene. Tale amore trova la sua estrema concentrazione in quell’evento che costituisce il nucleo pulsante della salvezza: la Passione-Morte-Risurrezione di Cristo. Qui si sedimenta tutto l’amore di Dio per noi. Tanto da indurre san Giovanni ad affermare che attraverso di esso “Dio ha così tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, e chiunque crede in lui non muore, ma ha la vita eterna” (Gv 3, 16). Un evento, questo, che Dio non avrebbe mai potuto realizzare se Cristo non si fosse fatto uomo. Qui, dunque, è il fondamento e lo specifico senso del Natale. Giovanni sintetizza tutta questa storia salvifica in un testo abbastanza impegnativo per i nostri palati - meglio conosciuto come Prologo - nel quale traccia il percorso esistenziale di Cristo che va dalla sua preesistenza presso Dio, fino alla sua esistenza presso gli uomini e del quale mi limito a citare solo i versetti più indicativi: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio … tutto è stato fatto per mezzo di Lui … e il Verbo si fece carne e venne a abitare in mezzo agli uomini …” (Gv 1, 1-14). L’umanità di Cristo diventa così la condizione per partecipare dell’amore salvifico di Dio.
Questa la radice che, oggi, più che mai, siamo chiamati a riscoprire, se vogliamo ridare senso alla nostra celebrazione del Natale. È alla luce di questa rinnovata esperienza di fede che possiamo comprendere il senso spirituale contenuto nell’annuncio profetico di Isaia, quando rivolgendosi al popolo ormai prossimo alla liberazione dice: “Prorompete insieme con canti di gioia, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo, ha riscattato Gerusalemme” (Is 52, 9). Un annuncio che per noi si rinnova tutte le volte che, come il popolo d’Israele, veniamo invitati dallo Spirito di Cristo ad uscire da Babilonia, ovvero da quelle condizioni di peccato che ci tengono in esilio, lontano dal Signore. Qui è il segreto che origina la gioia della salvezza nell’oggi della nostra fede.
Pertanto l’augurio che vi formulo è che ciascuno di noi diventi quel “messaggero che annuncia la pace, messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza” e quella “sentinella che esulta poiché vede con gli occhi il ritorno del Signore” (Is 52, 7-8).




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