15/08/2020 - Assunzione della Beata Vergine Maria Anno A
- don luigi
- 15 ago 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Ap 11, 19; 12, 1-6. 10; Sal 44; 1Cor 15, 20-26; Lc 1, 39-56
Maria primizia dei risorti
Protagonista indiscussa di questa solenne celebrazione è Maria, della quale la Chiesa afferma che una volta: “terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”. Sia pure relativamente recente, questa dichiarazione dogmatica affonda le sue radici nella Tradizione della Chiesa, facendosi interprete di un sentire comune che ne esprime la lode e la riconoscenza, come per altro mette già in evidenza l’evangelista Luca nel Magnificat: “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata” (Lc 1, 48). Questa solennità costituisce dunque un invito a lodare Dio, per le meraviglie che ha operato in Maria e per la sua cooperazione al piano salvifico di Dio sull’umanità. Il suo destino sembra anticipare quello di ciascuna persona, chiamata a condividere la fede in Cristo. Nell’arco della sua vita, infatti, Maria traccia l’intera parabola della storia della salvezza, diventando l’icona dell’umanità redenta da Cristo. Con la sua assunzione al cielo preannuncia la definitiva trasfigurazione dell’umanità, prefigurando quella realtà escatologica in cui Dio sarà tutto in tutti (cf. 1 Cor 15, 28). In questo senso essa è primizia della risurrezione per tutti coloro che muoiono in Cristo (cf. 1Cor 20-21).
La liturgia della Parola esprime questa realtà attraverso brani biblici particolarmente significativi, specie come quello dell’Apocalisse, nel quale viene descritta una visione mistica, il cui oggetto è una donna, non specificata nella sua identità nominale. Essa viene descritta come un “segno grandioso nel cielo”, abbigliata con un corredo fatto di sole, luna e stelle, che le conferisce un carattere cosmico. Non è facile scrutare il significato di questa simbologia, ma la vicenda storica di Maria e della Chiesa, alla cui luce può essere riletta l’intera visione, sembrano offrirci delle chiavi di lettura plausibili. In questa prospettiva Maria assume un ruolo particolarmente significativo nel piano salvifico di Dio, non solo per quello che riguarda l’umanità, ma l’intero creato. Lo stato di gravidanza col quale viene descritta la donna, pare infatti preludere quello delle doglie del parto di cui tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi (cf. Rm 8, 22), fino al suo compimento escatologico.
Tuttavia accanto al piano divino che si va misteriosamente dischiudendo nella storia, ve n’è un altro, opposto al primo, simboleggiato da un “enorme drago rosso” (Ap 12, 3). A differenza di quello divino presenta un profilo molto terreno, specie quando assume la logica e la forma del potere politico. Anch’esso è rivestito di elementi assai preziosi, ma di natura mondana, suggestivi, tali da esercitare su quelli celesti un influsso notevole, fino a farli “precipitare sulla terra” (4). L’enorme drago rosso allude chiaramente al male, in tutta la sua potenza divoratrice. Esso esercita nel mondo un influsso il cui dominio necessita solo di un intervento divino. Ogni cosa che si sottrae all’azione di Dio, viene coinvolta all’interno di questa potenza vorace che la riduce al nulla. Il deserto diventa così lo spettro di questa realtà conflittuale del mondo che vede coinvolto l’uomo nella sua lotta contro il male, al contempo costituisce un luogo di rifugio per quanti come la donna, malgrado tutto, portano al termine il loro compito: partorire il figlio maschio, ovvero continuare nel tempo il processo incarnativo del Verbo, col quale si compie il disegno di Dio: “ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo” (10).
Il linguaggio con cui Giovanni descrive la sua visione è particolarmente ricco di significati simbolici, che spesso sfuggono alla nostra comprensione, per questo motivo la sua interpretazione necessita non solo di una profonda familiarità col mistero di Dio, ma anche di una riflessione teologica attenta ed oculata, alla quale non siamo certamente abituati. Da qui l’invito, piuttosto impegnativo che sembra provenire dal suo libro, come di chi desidera abituarci a rileggere la storia alla luce del piano sapienziale di Dio, esattamente come si sforza di fare la Chiesa, nell’orientare il mondo verso il suo compimento escatologico. Di questa azione divina ciascuno di noi è chiamato a farsi interprete, per incarnare la salvezza nell’oggi della fede. In questo senso solo chi, come Maria, pronuncia il suo sì, consente a Dio di dischiudere il suo piano salvifico e di prefigurare il destino a cui è chiamato l’intero creato. Anche noi pertanto, come lei, siamo chiamati alla beatitudine che Elisabetta le riconosce: “Beata te che hai creduto nell’adempimento della parola del Signore” (Lc1, 45).




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