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05/07/2020 - 14a Domenica del Tempo Ordinario - Anno A


Zc 9, 9-10; Sal 144; Rm 8, 9.11-13; Mt 11, 25-30

La vita secondo lo Spirito

Il tema di questa 14° Domenica del Tempo Ordinario lo troviamo tratteggiato nel cosiddetto Inno di giubilo che Gesù, paradossalmente, recita al termine di una deludente esperienza missionaria, nella quale subisce un forte rifiuto da parte di numerosi membri dell’intellighenzia e dell’aristocrazia ebraica (cf. Mt 11, 20-24). Di contro egli prende atto che il suo messaggio evangelico trova un’evidente accoglienza da parte dei “piccoli”, ovvero dei “poveri in spirito” (cf. Mt 5, 5). Da qui la sua preghiera di lode al Padre per avere “tenuto nascoste queste cose ai sapienti e ai dotti e averle rivelate ai piccoli” (cf. Mt 11, 25). Si tratta di una delle rare preghiere che Gesù ci ha lasciato e insieme al Padre nostro, ci permette di cogliere la mitezza e l’umiltà che caratterizzavano la sua persona (cf. Mt 11, 29).

Ma quali sono le “cose” di cui parla Gesù, alle quali i dotti non riescono ad accedere, anzi sono loro addirittura negate, mentre sono perfettamente comprensibili ai piccoli e gratuitamente donate alla loro intelligenza? La risposta a questa domanda la troviamo immediatamente nel versetto successivo, dove Gesù afferma: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27). Le “cose” dunque di cui parla Gesù si riferiscono alla conoscenza intima, profonda e reciproca che sussiste tra lui e il Padre. Ad essa può accedere solo chi entra in un rapporto di fede con Lui. E’ all’interno di questa intima relazione d’amore interpersonale che lo Spirito apre la mente dei “piccoli” e permette loro di cogliere l’identità paterna di Dio e quella filiale di Gesù. Una conoscenza questa che non scaturisce da una speculazione razionale, tipica degli intellettuali e dei dotti, ma dall’umile adesione al piano salvifico di Dio, compiuta nel cuore. Non che i piccoli di cui parla Gesù siano poco intelligenti o non dispongono di una ragione cognitiva, al contrario, essi ne eccellono, ma che non fanno della loro intelligenza un metro di giudizio nei confronti degli altri e della loro ragione un modo per confrontarsi e paragonarsi addirittura con Dio.

Per avere un’idea di questa forma di intelligenza conoscitiva è opportuno un richiamo alla rivelazione che il Padre fa dell’identità messianica di Gesù a Pietro, a Cesarea di Filippo, dove alla domanda che Gesù pone ai discepoli: “Chi dite che io sia?”, Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”, e subito dopo Gesù, come a volere chiarire il segreto di questa scoperta, aggiunge: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16, 13-17). Si tratta dunque di una conoscenza che non scaturisce da runa iflessione intellettiva, ma da una adesione alla vita relazionale di Dio, nella quale lo Spirito di Cristo consente all’intelligenza umana di partecipare della libera e gratuita rivelazione divina. Chiunque partecipa di questa dinamica relazionale con Cristo giunge alla conoscenza della verità tutta intera (cf. Gv 16, 13) e alla piena libertà di sé (cf. Gv 8, 31), in quanto permette di cogliere l’origine della propria esistenza, il principio della propria essenza e il fondamento della propria identità umana e relazionale. Questa conoscenza non è una nozione concettuale, ma un vissuto umano-divino che consente all’uomo di sperimentare la pienezza di sé. Egli viene dal Padre ed è nella relazione col Padre che si realizza il senso pieno della propria esistenza ed umanità. Esattamente come Gesù ha testimoniato col suo vissuto evangelico. Entrare in questa logica relazionale significa perciò scoprire la bellezza e la libertà della vita filiale, alla quale ogni uomo è chiamato. Essa educa: la mente a liberarsi dalla tentazione di realizzarsi fuori della relazione col Padre; il cuore a svincolarsi dal giogo del peccato; e l’anima a scrollarsi dell’ansia e della fatica d’esistere. E’ in questa vita divina che l’uomo trova la pace, come attesta stupendamente sant’Agostino: “Il nostro cuore è inquieto, finché non riposa in te”.

Le “cose” dunque che Gesù rivela ai suoi, ci permettono di gettare uno sguardo sulla vita trinitaria, nella quale il Padre e il Figlio partecipano in modo reciproco della conoscenza dell’uno nell’altro, per mezzo dello Spirito Santo. Una conoscenza che non rimane circoscritta all’interno della vita trinitaria, ma viene estesa a tutti coloro che in Cristo si aprono allo stesso dinamismo conoscitivo relazionale. La relazione con il Padre nello Spirito Santo, costituisce allora il segreto della vita divina che Gesù intende comunicarci, al fine di farci sperimentare la pienezza della sua gioia.

È a questa vita divina che si riferisce san Paolo nella sua lettera ai Romani, quando parla della vita secondo lo Spirito, di cui vi consiglio di leggere almeno l’intero capitolo 8. Si tratta di una dimensione che fa luce sullo specifico della vita nuova in Cristo, a cui sono chiamati tutti gli uomini e in modo particolare i cristiani. Per meglio comprenderla vi consiglio di leggere l’intera lettera, il cui contenuto è senza dubbio impegnativo per i nostri palati intellettivi, ma che non possiamo ignorare se vogliamo imparare a dare ragione della fede nel contesto culturale e sociale nel quale viviamo. Per offrirvi uno stimolo alla sua lettura vi riporto quello che disse a suo tempo Martin Lutero: “Questa epistola è il vero brano principale nel Nuovo Testamento, il Vangelo più puro, e bisognerebbe che il cristiano non solo la sapesse a memoria, parola per parola, ma la leggesse quotidianamente, come il pane quotidiano dell’anima. Infatti essa non può mai essere troppo, o troppo bene letta e considerata; e tanto più la si medita tanto più preziosa e amabile diviene” (M. Lutero, Prefazione alla Bibbia, M. Vannini (ed.), 147). In essa Paolo affronta i diversi aspetti basilari della fede cristiana, tra i quali il delicato e spesso conflittuale rapporto che intercorre tra la ‘ragione dei Greci’, le ‘opere degli Ebrei’ e la ‘fede dei cristiani’, quando vengono assolutizzati e intesi come principi esclusivisti della salvezza. Di fatto la salvezza li presuppone tutti.

Io provo a mettere a fuoco, sia pure in modo sintetico, almeno l’aspetto che ci riguarda, quello appunto della vita secondo lo Spirito. Per introdurci nel linguaggio paolino è opportuno partire dalla distinzione che lui fa tra lo “spirito” e la “carne”. Non è sempre facile capire il senso che egli attribuisce ora all’uno e ora all’altro. In generale si tratta di due dimensione che caratterizzano l’esistenza dell’uomo. Ciascuna però è animata da una logica relazionale molto diversa, poiché genera una tensione opposta all’altra. Lo spirito designa la dimensione intellettiva dell’uomo, quella che gli consente di intuire non solo l’esistenza di Dio, ma di aprirsi anche alla luce del suo Spirito. Quando lo spirito dell’uomo è illuminato dallo Spirito di Dio, allora esso conduce l’uomo ad anelare e a partecipare della vita stessa di Dio. Di contro la carne sta ad indicare tutta quella sfera della vita istintuale, secondo la quale l’uomo è portato a soddisfare i propri bisogni prima di quelli dell’altro. Essa perciò è caratterizzata dall’egoismo, dall’egocentrismo, dal desiderio di possesso, di dominio e di potere sull’altro. Così mentre lo spirito induce l’uomo ad aprirsi all’altro e a Dio, la carne lo induce a chiudersi in sé e a ridurre l’altro a sé. L’uno e l’altra generano desideri non solo diversi, ma addirittura contrari, perciò è fondamentale scegliere quale logica di vita seguire: quale evitare e da quale lasciarsi guidare. Una simile scelta non dipende solo dalla volontà umana, ma soprattutto dalla grazia di Dio. Senza di essa l’uomo non solo non è in grado di distinguere e scegliere il bene, ma neppure di attuarlo. Scegliere lo Spirito significa allora decidersi per la vita di Dio, mentre scegliere la carne significa decidere di realizzare la vita secondo la logica del mondo. La vita nello Spirito porta ad impregnare ogni cosa che si pensa, si dice e si fa dell’amore trinitario di Dio.

Come fare a riconoscere la vita secondo lo Spirito e quella secondo la carne? Per rispondere a questa domanda san Paolo invita a distinguere i frutti dell’una e le opere dell’altra. Nella lettera ai Galati egli elenca i primi nella forma de: l’amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; e le seconde nella forma della: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregoneria, inimicizia, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere (cf. Gal 5, 19-23). Per vivere dunque la vita secondo lo Spirito è necessario che l’uomo sia abitato dallo Spirito di Dio. Eccoci dunque al brano nostro in questione. San Paolo si augura che i cristiani si lascino abitare dallo Spirito di Cristo, senza il quale nessuna vita spirituale è possibile (cf. Rm 8, 9). In questo senso lo Spirito che ha reso possibile a Gesù di vivere la sua relazione col Padre tra le persone, permetterà anche ai suoi discepoli di partecipare della stessa vita. Abitando nelle persone lo Spirito di Cristo comunica al loro spirito la stessa vita redentiva che scaturisce dalla sua risurrezione. Ma perché ciò accada è necessario che ciascuna persona giunga prima alla morte di sé, ovvero alla trasfigurazione di tutta quella logica di vita che anima la carne. Senza questa morte che si realizza nel battesimo, nessuna persona può partecipare della vita nuova in Cristo. Al contrario chi si lascia guidare dallo Spirito di Cristo ha modo di pregustarla sin d’ora nelle relazioni che egli intesse con gli altri.

Chi vive secondo questa logica relazionale, caratterizzata dall’umiltà, mitezza e donazione di sé consente agli altri di cogliere lo Spirito che ha animato la vita di Cristo. Il quale pur essendo Dio ha scelto di vivere la sua divinità da uomo, senza fare appello a nessun poter divino, al contrario facendosi uno con l’uomo, condividendone la fragilità, la debolezza, la povertà della sua condizione. La scelta di questo stile di vita, prima ancora di essere formulata da Paolo nella sua lettera ai Filippesi 2, 5-11 è stata preannunciata dai vari profeti che ne hanno descritto la messianicità. Così il profeta Zaccaria anziché connotare il messia degli attributi di un imperatore accolto trionfante in patria, dopo la sua campagna di guerra, lo presenta nella forma di un umile “piccolo” di Dio (cf. Zc 9, 9), preannunciando in questo modo, la condizione scelta da Gesù per manifestare la sua divinità, durante tutta la sua incarnazione. I suoi portamenti non sono quelli di un dominatore, ma di un uomo mite, semplice e pacifico. Egli mette fine alle imprese militari e belliche, “facendo sparire il carro da guerra” e “spezzando l’arco di guerra”. Il suo unico desiderio è essere facitore di “giustizia” e annunciatore di “pace” (v. 10).

A conclusione di questo commento viene da formulare qualche domanda, con le quali vorrei stimolare la vostra meditazione: cosa sappiamo della vita nuova in Cristo che Paolo definisce vita secondo lo Spirito? Quale desiderio nutriamo per essa e come ci lasciamo guidare dallo Spirito alla conoscenza e partecipazione della vita che Gesù condivideva col Padre? Abbiamo mai avuto modo di sperimentarla? Su quali elementi si fonda la nostra spiritualità? Cosa facciamo per irradiarla nella nostra vita quotidiana? In che modo contribuiamo a trasfigurare le nostre relazioni interpersonali e conformarle a quelle evangeliche di Cristo? La vita che conduciamo è modellata dalla logica dello Spirito di Cristo o dalla logica della carne? Le nostre scelte di vita sono orientate al Vangelo o alla mentalità del mondo? Il nostro modo di porci alle persone è guidato dalla logica dei piccoli di Dio o da quella dei potenti del mondo? Non è necessario giungere ai ruoli di potere e di governo per esercitare il dominio sugli altri, basta osservare come ci comportiamo nel quotidiano delle nostre relazione, per capire la logica che anima la nostra vita. Dai frutti si riconosce l’albero (cf. Mt 7, 20).

 
 
 

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