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Chiesa Regina Pacis - Modena

Aggiornamento: 18 mag 2021


Iconologia del piano architettonico ed iconografico

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La Chiesa Regina Pacis in Modena colpisce per coerenza stilistica architettonica ed artistica, sobrietà liturgica e funzionalità logistica. Già l’esterno presenta un linguaggio architettonico capace di esprimere in modo discreto e sobrio la presenza del divino in un contesto urbanistico, prevalentemente teso allo sviluppo industriale, tipico delle periferie delle nostre città. E lo fa con forme e tinte che trasmettono una Presenza delicata e perciò armonica e attraente. In questo senso la chiesa diventa cifra di un mistero che invita ad andare oltre la realtà, molto spesso ingrigita da edifici che lasciano trapelare una speranza tutta immanente dell’uomo contemporaneo e perciò molto spesso pervasa di tristezza. Anche il campanile, per la forma elicoidale che lo caratterizza invita, con un movimento ellittico, ad alzare lo sguardo verso l’alto, come a voler cercare e vedere l’Altro.

Entrando si ha la possibilità di cogliere con un solo colpo d’occhio l’insieme architettonico ed iconografico. Ogni elemento liturgico e iconografico è visibile sin dalla porta d’ingresso e ciascuno di esso presenta un simbolo che richiama un episodio biblico o evangelico. Il tutto viene espresso attraverso il tema del velo, simbolo del divino che vela e svela il suo mistero. Mistero che si dischiude allo sguardo del fedele e di chiunque entra nell’edificio animato dal desiderio di vedere Dio. Così i colori, le forme gli spazi contribuiscono a creare un clima di serenità e pacatezza come di chi trova pace incontrando Dio.

Fonte battesimale


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Il fonte battesimale sviluppa il tema del velo col simbolo della veste bianca che il catecumeno è chiamato ad indossare subito dopo il battesimo, rito col quale viene introdotto nella nuova vita in Cristo, visibilmente espressa dalla vita ecclesiale della comunità parrocchiale. Posto a destra dell’entrata della chiesa il fonte dispone di uno spazio e di un percorso pavimentale tutto proprio che traccia il cammino del catecumeno dall’ingresso della chiesa fino all’area presbiterale, con la quale ha evidenti richiami, non solo a livello teologico, ma anche

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stilistico. Con l’altare infatti condivide la base a forma crucifera, per dire che comincia per lui un cammino di spogliazione dell’io attraverso la partecipazione alla passione e redenzione di Cristo che deve perpetuarsi fino alla comunione col suo corpo eucaristico. La forma circolare della vasca allude invece alla vita perfetta in Cristo. Con l’ambone condivide invece il significato teologico.

Essere battezzati è come scendere con Cristo nel sepolcro e quindi negli inferi, simbolicamente espressi dai gradini che circondano la base ottagonale del fonte, simbolo del mondo in attesa della redenzione. Battesimo ed eucaristia si richiamano a vicenda: come Cristo sull’altare anche al catecumeno, nelle acque del battesimo, viene chiesto di morire a se stesso.

La speranza della nuova vita conferita da Cristo viene ulteriormente resa dal colore verde-acqua della parete di fondo che conferisce all’insieme un clima di serenità spirituale.

Altare

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Il tema del velo viene ripreso e sviluppato sul paliotto d’altare nella forma del grembiule e della stola che avvolgono il catino dell’acqua, simboli dell’amore che si fa servizio, con cui l’evangelista Giovanni interpreta la cena eucaristica (cf. Gv 13, 1-21). Tali simboli poggiano su un piano trasversale che scende dall’alto come a voler attraversare tutta la storia, lungo la quale si distende l’amore oblativo di Cristo. La stessa pianta dell’altare a forma di croce, rimanda a questo servizio, come per dire che ogni dono d’amore non è mai senza sacrificio.

Ambone


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Un elemento senza dubbio significativo nell’esprimere il tema del velo è certamente quello del sudario presente sulla parte anteriore dell’ambone, concepito come il sepolcro nel quale è stato riposto Cristo, dopo la deposizione dalla croce. Il lettore che si reca a proclamare la Parola rievoca i discepoli che giunti sul luogo della sepoltura, si fanno testimoni del primo annuncio del Risorto. Tuttavia non basta recarsi al sepolcro per vedere il Risorto, occorre entrarvi dentro, ovvero partecipare della sofferenza di Cristo. L’intera assemblea, attraverso il lettore, viene invitata a ripercorrere lo stesso cammino di fede dei discepoli: come loro entrare nei luoghi della sofferenza per vedere e credere, secondo la metodologia giovannea, attraverso i segni della passione, ovvero le bende e il sudario (cf. Gv 20, 1-10). Quest’ultimo inoltre poggia con un lembo sul gradino del presbiterio, come a voler dire la continuità dell’evento della risurrezione nell’oggi della fede ecclesiale, rivissuta attraverso il sacrificio eucaristico.

Sede


Anche la stola che avvolge la sede del celebrante richiama a suo modo il tema. La sua presenza sulla spalliera ha la funzione di richiamare costantemente alla memoria che la sede non è simbolo del potere e di dominio, ma di servizio. Essa è posta all’altezza del capo a mo’ di corona, intesa come l’unico elemento di cui il celebrante è chiamato a coronarsi e rivestirsi.

Tabernacolo


Il tema del velo caratterizza anche il tabernacolo dove, ancora più che in altri luoghi liturgici, il mistero è più evidente che mai. Tale disposizione ha un evidente richiamo alla tradizione iconografica, secondo la quale le mani degli angeli che reggono la coppa nella quale era posto il sangue di Cristo crocifisso, erano avvolte da un velo. Tale panno ha un significato liturgico: dice il rispetto per il mistero che non può essere posseduto e preso con le mani nude; in contrapposizione al gesto di Eva che pretese di possedere la vita, prendendo il frutto dall’albero della conoscenza del bene e del male. Anche il tabernacolo, come il fonte battesimale, dispone di un percorso pavimentale che lo collega direttamente al presbiterio. Tre luoghi liturgici che si richiamano a vicenda. Inoltre il tabernacolo presenta una struttura a torre ottagonale irregolare che continua il movimento ellittico da cui ha origine la spirale del campanile.

Crocifisso


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La spirale che caratterizza il movimento del tabernacolo e del campanile viene richiamata anche dal movimento rotatorio del corpo del Crocifisso, ed in particolare dal movimento a spirale che si origina nell’ombelico e perpetuato dal perizoma. Tale movimento allude al centro vitale della nostra galassia e dell’universo di cui Cristo è principio e fine. Anche la disposizione perpendicolare del Crocifisso, in corrispondenza dell’altare, sembra conferirgli un movimento ascensionale, di chi abbandona il sepolcro, ed osserva il sacrificio che si perpetua sull’altare dall’alto, ovvero dal punto di vista di Dio. Un aspetto questo che allude al movimento escatologico di Cristo, verso il quale il mondo è orientato.

La forma inconsueta della croce contribuisce a conferire all’insieme movimento e slancio verso l’alto. Essa infatti è del tutto staccata dal copro di Cristo, come a dire la sua definitiva vittoria su di essa.

Il corpo di Cristo si articola con movimenti che vanno dalla disposizione asimmetrica delle braccia alla torsione del tronco. Tutto aderisce al movimento della croce come al disegno di Dio. Anche le mani contribuiscono ad esprimere il significato redentivo del sacrificio di Cristo: mentre con la sinistra sembra avvolgere ogni uomo che si pone sotto la sua custodia, con la destra elargisce la misericordia del Padre col segno della benedizione. Ogni gesto sembra guidato dallo Spirito, nel quale Cristo ripone tutto se stesso, fino a consegnarlo nell’ultimo respiro. La posizione del capo reclinato verso il basso ritrae Cristo nel momento in cui consegna lo Spirito di vita al Padre. Più che morto tuttavia egli sembra addormentarsi in Dio, in attesa di essere da lui risvegliato, in forza del suo Spirito. Per la posizione del capo e l’espressione di serena fiducia del volto rimandano ai momenti principali della passione, morte e risurrezione. Da un lato i capelli sconvolti rievocano il volto sfigurato del Servo sofferente di cui parla Isaia nei suoi carmi e dall’altro l’acconciatura ordinata rimanda al volto più bello dei figli dell’uomo.

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Regina Pacis


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Nell’immagine titolare della Madonna Regina Pacis il tema del velo trova la sua massima e più

chiara rappresentazione iconografica. Tutta

la scena è stata pensata come interposta dal velo che vela e svela al contempo il mistero dell’Incarnazione del Verbo che si rende visibile nel Cristo, attraverso la maternità verginale di Maria. Esso lascia intravedere ciò che è oltre la realtà tangibile permettendo di gettare uno sguardo nel mistero; al contempo il mistero si dischiude nella forma del Verbo che s’incarna e si fa storia. È in questa profonda condivisione che Dio fa della sua vita nella forma del Figlio all’uomo che viene esplicitato il significato del titolo mariano: Regina Pacis. Cos’è infatti il dono del Figlio se non la pace, ovvero la definitiva riconciliazione tra l’uomo e Dio, quella che dà senso e pone fine ad ogni inquietudine morale ed esistenziale e che Dio comunica a traverso Maria?

Per evidenziare questo dono Maria viene colta nell’atto in cui dispone le mani a mo’ di scala, come a voler permettere al Figlio di Dio di scendere tra gli uomini, mentre lei stessa è nell’atto di salire dei gradini. Come non vedere in questo dinamismo l’episodio della Scala di Giacobbe e soprattutto il duplice movimento discendente di Dio e ascendente dell’uomo, nella via della kenosi e della divinizzazione.

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Il Bambino Gesù è rappresentato in abiti sacerdotali, con la stola del servizio sulle spalle e il rotolo della Parola nella mano sinistra, mentre con la destra apre il mantello di Maria, come a voler rivelare il mistero di Dio, che si dischiude nella storia attraverso Maria. Attraverso un gioco di pieghe del velo il corpo del Bambino diventa un tutt’uno con quello della Madre, come a volere sottolineare l’unità tra Cristo e la sua Chiesa.

Quella di Gesù è dunque una missione sacerdotale oltre che rivelativa. La stola sulle spalle infatti si perde come un fiume carsico, per riapparire sul braccio sinistro di Maria, come a riconoscerle la dimensione del sacerdozio regale con cui ha vissuto la sua vita. Un linguaggio questo del nascondimento per dire il modo con cui va vissuto il sacerdozio regale e ministeriale.

Il rotolo che Gesù tiene nella mano sinistra presenta la parte inferiore come una base a forma di calice. Si tratta del calice della passione, che Gesù beve fino in fondo per comunicare l’amore redentivo del Padre. Dal calice s’origina il velo che evidenzia il mistero con cui si compie la redenzione dell’uomo. Esso ha come la forma dell’acqua che scorre abbondante dal cuore di Dio, come un fiume d’acqua viva e che si riversa sull’uomo e sul mondo dal seno di Maria sua Madre.



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